Romanzi e cavalieri crociati: la lezione di Rodney Stark

Gli eserciti di Dio. Le vere ragioni delle crociate.
Gli eserciti di Dio. Le vere ragioni delle crociate.

Romanzi e cavalieri crociati: perché parlarne? Perché di racconti storici che abbiano come sfondo il periodo delle crociate non si finirà mai di parlare, se non altro per l’ingente quantità che l’editoria di tutti i tempi continua a sfornare a riguardo, un vero e proprio “ever green” degli incassi.

Quello delle crociate è uno dei periodi più amati dagli autori di romanzi storici, più esplorati, più indagati e anche più saccheggiati. Proprio perché molti autori si rifanno ad altri scrittori del medesimo genere e dato che le linee storiografiche una volta acquisite diventano vere e proprie ideologie e scardinarle, anche solo dal punto di vista narrativo, diventerebbe una sfida notevole al politically correct,  la maggior parte di questi romanzi si basa sulle medesime fonti storiche e generalmente riporta sensazioni, critiche, idee, valori del tutto simili.

I romanzi del genere sono molti, da Il talismano di Walter Scott (maestro indiscusso del romanzo storico in chiave celebrativa britannica) in cui però i crociati erano ancora eroi valorosi, ai moderni racconti in cui, bene o male, i cavalieri crociati sono diventati degli avidi invasori, saccheggiatori aizzati da pavidi papi bramosi di ricchezza e potere o da scellerati re cristiani, quasi sempre inferiori per dignità e valore al “mitizzato” Saladino.

Proprio a lui lo scrittore Jack Hight dedica addirittura una trilogia: Il romanzo delle crociate (Il signore delle crociate/ il signore delle battaglie/ il signore della terra santa), nel quale questo condottiero islamico diventa un vero eroe epico.

L’elenco dei romanzi storici crociati potrebbe diventare molto lungo, tra i più noti degli ultimi tempi:

Crociata di Robyn Young,

1453 La Caduta di Costantinopoli di Roger Crowley,

Il romanzo delle Crociate (Il Templare, Il Saladino, La Badessa, L’erede del Templare) in cui il bravo Guillou racconta attraverso le vicissitudini del suo protagonista, Arn, la nascita della Svezia.  Anche qui, il secondo capitolo della trilogia,  inizia con un episodio straordinario, Arn Magnusson, comandante dei templari di Gaza, salva alcuni viandanti saraceni dall’attacco di un gruppo di banditi. Ovviamente, tra i viandanti c’è Yusuf ibn Ayyub Salah al-Din, colui che l’Occidente conoscerà con il nome di Saladino. E anche qui il libro racconta le vicende vissute in Terrasanta da Arn, il suo mondo fatto di tolleranza ma anche di scontri violenti, dove il nemico spesso non è rappresentato dagli “infedeli” musulmani, ma dagli stessi Franchi che in nome di Dio sono pronti a massacri e violenze.

Uno dei romanzi più noti e più precisi storicamente è forse L’avventura di un povero crociato di Franco Cardini, illustre professore di Storia medievale all’università di Firenze, probabilmente l’opera romanzata che meglio ha saputo raccontare la crociate, a tutt’ora insuperata, ma che comunque ogni tanto cade nei già noti stereotipi.

Ma perché i romanzi storici con sfondo crociato sono così stereotipati? Rodney Stark, lo studioso americano che, da non cattolico, si è dedicato a smontare tanti luoghi comuni ostili alla Chiesa, prova a dare una risposta e racconta di essersi «imbattuto» nei «miti anticattolici» di cui si occupa nei suoi libri  mentre svolgeva le sue ricerche relative a diverse epoche storiche: «Scoprivo che questi famosi “fatti” erano falsi e dunque ero costretto ad affrontarli».

Ebbene tra questi miti ci sono anche le Crociate che Stark affronta nel suo straordinario saggio: Gli eserciti di Dio. Le vere ragioni delle Crociate, Lindau, 2010, 363 pp.

Stark smantella tutti i miti legati al periodo storico più “abusato dagli scrittori”, chiarendo che non furono gli Occidentali ad aggredire, ma gli islamici e che se dopo gli innumerevoli massacri e le indicibili violenze, Carlo Martello non li avesse fermati a Poitiers nel 732, «forse oggi nelle scuole di Oxford si insegnerebbe l’esegesi coranica», deve ammettere Edward Gibbon). «Nella storia mondiale non vi fu nessuna battaglia più importante di questa » (Hans Delbrück).

Quando arrivò la chiamata alle armi del Papa, per i cristiani «era giunto il momento di passare al contrattacco». Ma «i grandi nobili e i cavalieri non erano né stupidi né ingenui e di una spedizione in Terrasanta ne sapevano già abbastanza, visto che alcuni vi erano già stati in pellegrinaggio e tutti avevano qualche familiare o compagno d’armi» che lo aveva fatto. «Sapevano anche che ad attenderli tra le sabbie della Palestina non vi erano certo cumuli d’oro».

Stark ridimensiona la presunta superiorità degli islamici che addirittura soppressero l’uso della ruota e non sapevano nemmeno come approcciare una flotta navale.

E il tanto decantato Saladino? «A partire dell’Illuminismo » fu «bizzarramente» ritratto «come un personaggio razionale e civilizzato in contrapposizione ai crociati, barbari e creduli». Invece, quando sconfisse i cristiani ad Hattin, riporta il suo segretario Imad ad-Din che prese i templari e gli ospitalieri sopravvissuti e «ordinò che fossero decapitati, preferendo l’ucciderli al farli schiavi.  Fece chiudere la biblioteca del Cairo e ne gettò i libri tra i rifiuti.

Quel che appare in tanti romanzi, come ad esempio in Jan Guillou, o in versioni cinematografiche anche recenti è solo uno stereotipo, un’idealizzazione più o meno consapevole. Presa Gerusalemme, il Saladino ordinò che metà degli abitanti fosse venduta come schiava perché non poteva pagarsi il riscatto.

Riguardo al presunto massacro perpetrato dai cavalieri crociati: meno di duemila vittime in una città, Costantinopoli, di 150mila abitanti. Nulla in confronto alle intere città massacrate da Baibars e dai mamelucchi, massacri di cristiani tutti compiuti in dispregio della parola data: promessa della vita in cambio della resa, rimangiata appena aperte le porte. Anche all’assedio di Acri del 1291, ultimo baluardo cristiano, gli ambasciatori attirati con la promessa di trattare vennero decapitati.

Nel maggio 1268 ad Antiochia ci fu «il peggiore massacro (di cristiani) dell’intera epoca delle crociate». Ma gli storici occidentali sorvolano: il famoso Steven Runciman «gli dedica ben otto righe»; Christopher Tyerman, «che si era dilungato per molte pagine sugli efferati dettagli del massacro di Gerusalemme nella prima crociata, liquida la carneficina di Antiochia in quattro parole». Meglio di tutti Karen Armstrong, che «riserva dodici parole al resoconto della strage, di cui attribuisce la colpa agli stessi crociati, poiché era stata la loro orrenda minaccia a creare un “nuovo islam”, segnato da una “disperata determinazione alla sopravvivenza”».

Qualcuno accusa Stark di essere in realtà un cripto-cattolico infiltrato nella letteratura divulgativa proprio per giustificare i peccati della Chiesa. Di fronte a tale accusa Stark sorride e respinge serenamente: «L’unico interesse personale che ho è che la storia sia riportata con onestà».

Forse anche gli autori di romanzi storici, a meno di non dichiararsi apertamente ucronici, dovrebbero porsi lo stesso problema e se non altro, almeno tentare di andare oltre gli stereotipi e i luoghi comuni.

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