Dopo la Rivoluzione, in Unione Sovietica iniziò l’epoca del Comintern, (Komintern) l’Internazionale comunista o terza Internazionale nata nel 1919 per opera dei suoi protagonisti più noti: Lenin (1870-1924), Bucharin (1888-1938) e Zinov’ev (1883-1936). Una delle strategie pianificate dal Comintern era precisamente quella di infiltrare agenti e collaboratori «in ogni ambiente delle società e delle classi dirigenti in cui espandere il comunismo, e in quest’ottica i giovani borghesi dei Paesi occidentali, che simpatizzavano per la rivoluzione, rappresentavano un obiettivo di primo piano» (Puddu, p. 17).

Il peso delle informazioni

Negli anni Trenta l’agitazione politica in Europa si avviava verso apici di livello sorprendente – e poi distruttivo – e le informazioni diventarono nodo e snodo, capitale e arma, essenziali strumenti di conquista e controllo. Dai caffè parigini della rive gauche alle steppe dell’Anatolia, la ricerca e la conquista di informazioni chiave per traguardare avvantaggiamenti decisivi sui nemici diventò una faccenda di vita o di morte; lo era stata anche in passato, anche ai tempi ante-cristiani di Giulio Cesare, ma a ridosso di quello che sarebbe poi stato ricordato come secondo conflitto mondiale le notizie più o meno compromettenti, più o meno importanti, più o meno affidabili sul nemico (dell’una e dell’altra parte) significavano ormai il peso di una vittoria o di una sconfitta. E il «grande gioco» delle spie, del resto, sarebbe divenuto permanente nel periodo della guerra fredda.

I Cinque di Cambridge

Anthony Blunt (1907-1983), Donald Maclean (1913-1983), Kim Philby (1912-1988), Guy Burgess (1911-1963) e John Cairncross (1913-1995) erano inglesi, tutti ex studenti di Cambridge, tutti in un modo o nell’altro, e con diverso coinvolgimento politico e culturale, spie. Non sono stati consegnati alla storia come eroi, per aver servito il loro Paese, bensì per aver trasmesso all’Unione Sovietica informazioni politico-militari, non ultime quelle inerenti i progressi nel settore nucleare. Lo fecero per denaro, senza dubbio, ma anche, anzi soprattutto, per motivi legati a un «intellettualismo di matrice marxista», un estetismo comunista impregnato di ideologia. Secondo la vulgata più nota (e più benevola) infatti, il tradimento trovava sua ampia e robusta giustificazione nella lotta contro le dittature occidentali e il fascismo; il comunismo diventò, in quest’ottica, l’unico efficace antidoto antifascista.

La passione marxista

Anthony Blunt

Che i Cinque avessero una comune passione per il marxismo è certo, e tale passione aveva unito prima di tutto Maclean, Philby e Burgess nelle aule di Cambridge, quando quella che sarebbe poi stata battezzata dai britannici come «l’empia trinità» iniziò a radunare intorno a sé personalità che avrebbero trovato nell’attivismo rosso uno scopo di vita: John Conford (1915-1936), storico e poeta, pronipote di Charles Darwin, poi ucciso in Spagna; Norman John (James) Klugmann (1912-1977), futuro discepolo di Tito, leader britannico, storico ufficiale del Partito comunista della Gran Bretagna e, secondo le dichiarazioni di Vasili Mitrokhin, a sua volta agente infiltrato del KGB; ed Anthony Blunt (1907-1983), il custode dei quadri della regina Elisabetta, nonché agente segreto inglese al servizio dell’Unione Sovietica durante la guerra fredda; e uno del “gruppo dei cinque di Cambridge”.

La strategia sovietica

Perché Cambridge divenne il «centro di raccolta» di queste giovani menti tanto affascinate dall’ideologia comunista da decidere di procurare all’URSS preziose informazioni in grado di concedere ai sovietici un vantaggio marcatissimo, ai danni del proprio Paese?  Di certo non fu un caso che fra le aule dell’Università tra le più prestigiose della Gran Bretagna scivolassero sottobanco (e neanche troppo) formule di reclutamento piuttosto raffinate, volte a raccogliere un interesse strategico al quale, come detto, il Comitern mirava fin dalla sua istituzione. Raggiungere il Cambridge, dove si formavano le classi dirigenti britanniche, voleva dire assicurarsi uomini dagli importanti requisiti sociali, culturali e politici. Vantaggio e ulteriore danno. La promozione del comunismo nei corridoi dell’Ateneo inglese (il più importante e prestigioso dopo Oxford) aveva trovato ottimi agenti, sia presso gli studenti che presso i professori, fin dall’immediato dopoguerra, quando la fede comunista era divenuta fertile e attraente per tanto nuovi adepti.

Una rivoluzione da intellettuali

John Maynard Keynes

Cambridge aveva formato anche personaggi come John Maynard Keynes (1883-1946), il più influente fra gli economisti del Novecento, il cui allievo Maurice Dobb (1900-1976) sarebbe poi diventato a sua volta professore di economia nella medesima università, oltre che membro del neonato partito comunista inglese. Il punto di vista di Dobb era «così sovietico» che egli divenne centro espressivo del radicalismo rivoluzionario del campus, circondato, ben presto, dai quei giovani borghesi di buona famiglia che vedevano nella nuova estetica comunista un’interessante tendenza intellettuale, ottima risposta alle ragioni tradizionali e borghesi dei padri.

Arnold Deutsch: il contatto sovietico

Arnold Deutsch

Il contatto sovietico dei Cinque di Cambridge (ma soprattutto di Philby) fu, tra gli altri, il sessuologo viennese Arnold Deutsch (1904-1942), comunista di fede e, dunque, predicatore della liberazione sessuale e politica. Del resto, Blunt e Maclean avevano spesso fatto ricorso alla loro omosessualità, dichiarata all’interno del Trinity College, per reclutare spie e ottenere informazioni da altri omosessuali. In tal senso, anche la condotta di Burgess, altrettanto omosessuale, fu più volte stigmatizzata come scandalosa e dissoluta, proprio per i suoi numerosi amanti e per le crisi etiliche, ma Philby riuscì sempre a fargli mantenere un posto di primordine nei Servizi segreti britannici (la nota Sezione D, la più amata da Churchill, la quale si occupava della propaganda e della disinformazione): per lui il compagno Burgess, con la sua «coscienziosa perversità», era pezzo fondamentale nel delicatissimo gioco degli agenti doppi. Deutsch, che lavorava per il Dipartimento di collegamento internazionale del Comintern, aveva come compito primario il reclutamento e l’infiltrazione di spie che potessero lavorare, in un raffinato doppio gioco, per la causa sovietica, per questo affinò, grazie anche alla sua dalla sua permanenza nel Regno Unito, finissime strategie di arruolamento.

L’imbarazzante doppio gioco delle spie della Regina

Al di là delle specifiche informazioni che i Cinque riuscirono a «espatriare», quando il loro tradimento divenne cosa nota, i servizi segreti britannici dovettero fare i conti con la straordinaria facilità con cui tali trafugamenti poterono avvenire. Se per Philby e compagni fu relativamente facile, con i loro accoliti comunisti, fare il doppio gioco ai danni dei compatrioti e colleghi fu anche perché l’Intelligence di Sua Maestà era dilaniata da estreme rivalità interne. La SIS, sezione dello spionaggio militare poi nota come MI6, era alle dipendenze del Ministero della Guerra, mentre l’MI5, il controspionaggio, agiva sotto la supervisione del Ministero degli Interni, ma l’unica cosa che li univa era una certo snobismo. In particolare il direttore del SIS, Stewart Graham Menzies (1980-1968), aveva l’abitudine di scegliere i suoi agenti proprio fra le file di quei «colti giovanotti della borghesia inglese» che avevano tutte le caratteristiche per essere persone appartenenti alla gentry, o comunque, individui di ottima cultura. Una raffinatezza intellettuale che, evidentemente, gli sarebbe costata cara.

Leggi la prima parte

Bibliografia

  • Christopher Andrew, The Mitrokhin Archive: The KGB in Europe and the West I e The Mitrokhin Archive II: The KGB in the World, 2005.
  • Andrea Puddu, I cinque ragazzi di Cambridge, Independently published, 2018.
  • Maurice Dobb, Soviet Economy and the War bound with Soviet Planning and Labour in Peace and War, Routledge (riedizione), 2015.
  • Domenico Vecchioni, Kim Philby. Il terzo uomo, Greco e Greco Editore, 2013.
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