Adulazione e insulti sollevano la stessa domanda: cosa vuoi?
Mason Cooley
L’adulazione è comportamento e strategia comunicativa, talvolta così profondamente radicata negli individui da diventare l’unica spinta alla relazione, anche perché, come scriveva Zygmunt Bauman (1925-2017) , «L’amore richiede tempo ed energia. Ma oggi ascoltare chi amiamo, dedicare il nostro tempo ad aiutare l’altro nei momenti difficili, andare incontro ai suoi bisogni e desideri più che ai nostri, è diventato superfluo», o, comunque, sotteso a un contraccambio sempre più pressante. Perché la nostra è la società del narcisismo e della dopamina? Soprattutto, ma non solo: si tratta anche di un “gioco di potere”, di rispecchiamenti e di bisogni più o meno espressi:
Il rispecchiamento è una dinamica costante della nostra vita quotidiana e dei nostri rapporti con gli altri, in quest’ottica il funzionamento leader-gregrari, nei contesti lavorativi, assume un’importanza di primissimo piano. I vari fattori in gioco in questa situazione: potere, autorità, venerazione, adulazione, ambizione, richiesta di attenzione, creano pericolose occasioni di distorsione. È facile che i gregari proiettino sui leader le loro fantasie, interpretando tutto quello che fanno alla luce di una immagine di leadership da loro stessi creata e portano i leader stessi a convincersi di avere quelle caratteristiche così straordinarie che i gregari attribuiscono loro (M.F.R. De Vries, Leader Giullari Impostori, Raffaello Cortina Milano 1995, pag.22).
Adulare è amare?
No, non lo è. Adulare è il continuo esprimere lodi, complimenti o apprezzamenti, spesso eccessivi o poco sinceri, con l’obiettivo di compiacere una persona (o un’istituzione, un sistema, un gruppo…) e trarne un beneficio personale o emotivo; e rimarchiamo emotivo. Si tratta di una forma di elogio, quasi mai genuino, e amplificato, una manipolazione sottile, e non sempre consapevole, che sfrutta il desiderio umano di riconoscimento e approvazione. Non ci riferiamo qui alla semplice menzogna, bensì a un intento manipolatorio, perché «la menzogna presuppone la verità, la malafede impedisce che essa sorga e si sveli nella sua incontrovertibile evidenza» (Fonte, p. 10), ed è questo il punto, l’adulazione non è necessariamente menzogna, e tuttavia costruisce una percezione fittizia della realtà, perché abbiamo a che fare da un lato con il piacere del riconoscimento e dall’altro con i secondi fini, con l’opportunismo, con l’insincerità sistemica. Per questo la chiave per comprendere un comportamento “adulatorio”, come appunto sintetizza Mason Cooley (1927-2002), sta non tanto nel contenuto delle lodi, quanto nell’intento che le muove.
Adulatori, i dannati della II Bolgia dell’VIII Cerchio
Come sempre, i grandi autori possono darci una mano per inquadrare meglio il tema e il suo significato per la società attuale. Di adulazione parla San Tommaso D’Aquino (-1274):
Significa lodare eccessivamente qualcuno per compiacimento, per interesse o per bassezza d’animo: «Ordinariamente si dà il nome di adulatori a tutti quelli che nel trattare vogliono compiacere gli altri con le parole o con i fatti oltre i limiti dell’onestà» (II-II, q. 115, a. 1). S. T. classifica l’a. tra i peccati contro la carità e lo giudica peccato grave «quando si adula una persona per danneggiarla astutamente o nel corpo o nell’anima» (II-II, q. 115, a. 2). «Se invece uno ha adulato una persona per il solo desiderio di compiacerla, o per evitare un male, oppure per ottenere un bene in caso di necessità, la sua adulazione non è contro la carità. E quindi non è peccato mortale ma veniale» (Dizionario Enciclopedico del pensiero di San Tommaso D'Aquino, a cura di Battista Mondin, Edizioni Studio Domenicano, 2000, p. 27).
Nel Canto XVIII dell’Inferno, Dante (1265-1321) ci conduce nella seconda Bolgia dell’ottavo cerchio, un luogo che incarna fisicamente e simbolicamente la degradazione morale degli adulatori, coloro che «Tra le gambe pendean le minugia; la corata parea e ’l tristo sacco che merda fa di quel che si trangugia». In altre parole, questi dannati sono immersi nello sterco, un’immagine, diremmo, repellente che richiama la natura corrotta delle parole e delle azioni di chi lusinga gli altri per ottenerne un vantaggio. La Bolgia, infatti, è simile a una latrina o a un canale di scolo, ed è colma di escrementi, un richiamo potente al degrado del linguaggio che, anziché elevare o esprimere verità, si è trasformato in uno strumento vile di inganno e compiacimento.
Taide: la prostituzione del linguaggio
È Virgilio a indicare a Dante, tra i peccatori, la figura quasi irriconoscibile di Taide «Quella sozza e scapigliata fante», una prostituta tratta dalla commedia Eunuchus di Terenzio, e conosciuta per essere discendente di un’ateniese vissuta nel IV secolo a.C., nota per aver indotto Alessandro Magno a incendiare la città di Persepoli. Taide è rappresentata in un gesto disperato, piegata su se stessa, mentre si graffia con le unghie piene di escrementi, immagine che rafforza il legame tra l’impurità fisica e quella morale. Dante illustra, così, il concetto, collegandolo a una caratteristica tipica degli adulatori, ovvero la teatralità, e quindi l’esagerazione o, se vogliamo, l’istrionismo che, tra l’altro, può essere anche un vero e proprio disturbo del comportamento:
Le persone che presentano un Disturbo Istrionico di personalità hanno bisogno di essere costantemente al centro dell’attenzione, di catturare l’interesse degli altri con comportamenti eccessivi e teatrali: se non riescono ad essere al centro della scena raccontano in modo esagerato episodi di vita, si inventano storie, fanno descrizioni tragiche del proprio stato di salute, sono molto provocatorie e seduttive (adulazione, provocazioni sessuali, regali per attirare l’attenzione). Considerano i rapporti più intimi ed esclusivi di quanto non lo siano in realtà, possono dichiararsi grandi amici dopo un breve scambio di parole, fantasticano su conoscenti in modo romantico [fonte].
La colpa che Dante attribuisce a Taide non è solo la prostituzione del corpo, quanto quella della parola, una continua amplificazione di falsità – o mezze verità – atta a trarre dei vantaggi personali, a vendere qualcosa e a guadagnare altro. In quanto personaggio teatrale, Taide incarna la dimensione pubblica e artificiosa dell’adulazione, che non si limita all’interazione privata, ma si esibisce in una forma di spettacolo per chiunque sia disposto a guardare. Come dire che gli adulatori amano i palcoscenici, appunto, e quale palcoscenico migliore oggi dei social media?
L’adulazione mediatica o “economia” delle interazioni
L’adulazione social-mediatica si è radicata nelle dinamiche del digitale, amplificata dall’orizzontalità delle piattaforme. Gli “adulatori dell’era digitale e social” utilizzano commenti, condivisioni e interazioni strategiche come strumenti per attirare l’attenzione e veicolare una qualche forma di “potere” sociale, mediatico; ma anche emotivo. Questo comportamento, seppur camuffato da ammirazione genuina, spesso risponde a logiche di scambio e opportunismo, e la strategia della lusinga diventa la chiave per un'”economia delle interazioni”. Inoltre, le piattaforme social come Instagram, TikTok, Twitter o YouTube fungono da gigantesco teatro virtuale dove ogni interazione, come dicevamo, è pubblica e osservabile, e dove l’adulazione diventa una performance rivolta non solo al destinatario, ma a un pubblico più ampio, che include altri follower, possibili collaboratori, altri utenti e persino algoritmi:
Tutta la vita delle società nelle quali predominano le condizioni moderne di produzione si presenta come un’immensa accumulazione di spettacoli. Tutto ciò che era direttamente vissuto si è allontanato in una rappresentazione (G. Debord, La società dello spettacolo, Baldini Castoldi Dalai editore, Milano 2008, p.53, in Lo scarto fra realtà e rappresentazione, di Fabio Ferrara, Università degli Studi dell’Insubria, Varese-Como, 2026)
All’interno di queste dinamiche in cui spettacolarizzazione ed economia – diciamo pure consumismo – sono collegate, il commento “eccessivo” e adulatorio risponde quasi sempre al bisogno di farsi notare tra migliaia di altri commenti, nella speranza di ottenere una reazione o un ritorno di qualche tipo; ed è un’esperienza che tutti possiamo fare, basta osservare.
L’adulazione come “moneta di scambio” nell’editoria
I social media hanno trasformato anche le interazioni nel panorama contemporaneo dell’editoria, e quindi il comportamento degli autori e delle autrici, invogliandoli a utilizzare l’adulazione come strategia per costruire relazioni utili o guadagnare visibilità. Basta farsi un giro sui profili di editori e autori vari per intercettare cascate di commenti, gradimenti e condivisioni che esprimono un entusiasmo a volte così esagerato da risultare grottesco. Per l’osservatore lucido non può non emergere l’intenzione di entrare in una rete di riconoscimento reciproco, alimentando un sistema di scambi simbolici e opportunità editoriali. È una forma di negoziazione invisibile, una moneta di scambio digitale che mira a ottenere vantaggi come pubblicazioni, recensioni favorevoli o collaborazioni. Autrici e autori, specie se emergenti, indipendenti o pubblicati da micro/piccoli/medi editori – e quindi con meno forza per perforare il mercato – utilizzano questa strategia dell’interesse e dell’adulazione per farsi notare dagli editori e dai colleghi o, perlomeno, entrare nel loro radar. Tutto ciò non ha molto a che vedere con i circoli letterari e i salotti culturali in cui autori e autrici di tutti i tempi si sono scambiati consigli, aiuto e letture, così come idee, temi, pezzi di cammino: non è lo stesso tipo di reciprocità o, comunque, oggi abbiamo un’esasperazione della ricerca di visibilità, per cui questa “adulazione reciproca” finisce per erigere una sorta di ecosistema autoreferenziale, con il rischio di marginalizzare chi non si presta a questa dinamica, preferendo mantenere un approccio più discreto e focalizzato sul proprio lavoro.
Il lato “molto” oscuro dell’adulazione
A ciò va aggiunto che l’adulazione sistematica ha anche profonde implicazioni psicologiche, particolarmente evidenti quando si intreccia con personalità narcisistiche o con chi è vulnerabile alle dinamiche di ricompensa dopaminica, casi in cui questi meccanismi di lusinga agiscono come un catalizzatore che alimenta schemi comportamentali disfunzionali, creando una spirale di dipendenza e rafforzando fragilità emotive e cognitive.
Le persone con tratti narcisistici, per esempio, sono particolarmente inclini a cercare e rispondere all’adulazione, perché il narcisismo si caratterizza per un senso di grandiosità e per un bisogno costante di ammirazione e mancanza di empatia, per cui trova nell’attenzione ricevuta una sorta di alimento psicologico. I narcisisti costruiscono la loro identità attorno a un’immagine idealizzata di sé, e le lodi, anche quando palesemente esagerate o insincere, confermano questa narrativa interna. L’adulazione diventa quindi una forma di “droga emotiva”, e i narcisisti non solo la ricercano attivamente, ma possono manipolare le relazioni per ottenerla, circondandosi di individui disposti a fornire lodi incessanti, arrivando addirittura a creare dinamiche tossiche fino all’abuso, in cui il narcisista dipende dall’adulazione per mantenere il proprio senso di valore, mentre chi lo circonda potrebbe sentirsi obbligato a perpetuare questa dinamica per evitare conflitti o mantenere la relazione.
Adulazione e loop dopaminico: la dipendenza dai “like”
Ne è conferma il fatto che, sul piano neurologico, l’adulazione può avere un effetto simile a una sostanza psicoattiva, in particolare per coloro che sono vulnerabili a ricompense rapide, come i “like” sui social media. La dopamina, un neurotrasmettitore legato alla ricompensa e al piacere, gioca un ruolo cruciale: ogni interazione positiva – un commento lusinghiero, un apprezzamento – ne attiva il rilascio, creando una sensazione di soddisfazione temporanea:
La dopamina è un neurotrasmettitore fondamentale per i sistemi di ricompensa del cervello. Ricerche condotte da studiosi come Schultz (1998) e Berridge & Robinson (1998) hanno evidenziato come la dopamina rafforzi i comportamenti che portano piacere e soddisfazione. Ogni volta che riceviamo nuove informazioni, specialmente in un formato rapido e facilmente digeribile, il nostro cervello rilascia dopamina, generando una sensazione di piacere che ci spinge a cercare ulteriori stimoli simili (Fonte).
Le persone che sviluppano una dipendenza da questa gratificazione possono finire intrappolate in un ciclo compulsivo, per cui pubblicano contenuti, attendono l’adulazione sotto forma di interazioni positive e ne cercano costantemente di più per replicare la sensazione di piacere. Questo fenomeno, noto come “dopamine loop“, è particolarmente diffuso tra gli utenti assidui dei social media, che legano la propria autostima alle metriche di engagement:
La condizione dell’always on, questa iperconnessione, ci sta facendo progressivamente regredire. Questo si sta verificando in due macroaree: la capacità di concentrarsi e il quoziente intellettivo. Stiamo assistendo a quello che è stato definito “effetto Flynn capovolto”. Per “effetto Flynn” s’intende l’aumento del quoziente intellettivo medio della popolazione nel corso degli anni e questa tendenza si è verificata fino agli anni duemila, quando abbiamo assistito ad una brusca inversione di tendenza, la quale ha dato luogo, appunto, ad un “effetto Flynn capovolto”. [...] La continua connessione a cui siamo esposti diminuisce la nostra capacità di elaborare pensieri critici, di concentrarci, di dialogare faccia a faccia e inoltre influisce negativamente sulla nostra memoria [Fonte].
Le conseguenze sociali e psicologiche dell’adulazione: la società senza valori di Zygmunt Bauman
L’adulazione – nella sua forma moderna (e post-moderna) e nei suoi legami con il narcisismo, la dipendenza emotiva e l’anti-autenticità – trova un contesto ideale nella società liquida descritta da Bauman; una società destrutturata in relazioni fragili, identità mutevoli e in un incessante, quasi patologico, bisogno di riconoscimento. La lusinga strategica è terreno fertile per l’erosione dell’autenticità, e per lo sfaldamento di un’identità individuale che non ha più un nucleo solido e ben definito, ma un “progetto” in continua trasformazione. L’adulazione è una forma di negoziazione identitaria, e alimenta una dinamica in cui la fragilità delle relazioni e dell’identità si perpetua, in un circolo vizioso in cui chi adula cerca di inserirsi in reti relazionali che garantiscano visibilità o vantaggi, mentre chi riceve l’adulazione utilizza questa conferma esterna per rafforzare un senso di sé spesso fragile e precario. Nella modernità liquida l’identità non è più un “dato”, ma un “compito” continuamente sottoposto a revisione, e l’elogio strategico (banalmente il like a un post e il commento che amplificano il gradimento in modo volontario e falso) diventano il lubrificante che facilita, ma al tempo stesso corrode, questa incessante costruzione del sé.
Cosa dobbiamo fare? Scegliere di non aderire a queste dinamiche, riscoprendo, come direbbero Dante e San Tommaso, la sacralità del linguaggio e la purezza delle intenzioni.
Condividi: