Qualcuno lo chiama “climatismo” paragonandolo a una forma di ideologia, la cui arma più potente è la cassa di risonanza mediatica, usata con scopi precisi, evidentemente. Si tratta di una forma di estremismo ideologico che fa del terrore climatico un attivatore sociale, ricavandone però anche ansia e paura in merito al futuro. Come ha avuto modo di commentare Claudio Romiti, si tratta di «Un tema che, al pari della […] pandemia, viene affrontato da tutte le testate televisive con l’identica, terrorizzante visione da imminente fine del mondo.»(qui) Ci sono però alcune cose da considerare prima di stracciarsi le vesti per il riscaldamento globale, anche perché gli stessi scienziati propensi a prendere seriamente in considerazione il cambiamento climatico hanno più volte espresso preoccupazione per i toni eccessivi e i catastrofismi, assumendo come dato di fatto che non ci sia alcun valido motivo per essere tanto pessimisti: «Il pensiero unico del catastrofismo distoglie dalla tutela del Pianeta.» (qui) Ciononostante, non c’è scuola, di ogni ordine e grado, in cui i ragazzi non vengano costantemente sottoposti a dosi più o meno massicce di “terrore climatico”. Perché? Perché qualcuno vuolo che l’allarme non passi di moda.

L’ASCESA DELL’ATTIVISMO CATASTROFICO

Come è noto, in tempi recenti la sensibilizzazione sull’entità dei problemi climatici, con relativa messa in opera di una percezione a dir poco funesta, è stata affidata a delle figure carismatiche – o costruite per esserlo – come Greta Thunberg, l’attivista svedese circondata da un’ambigua equipe di sostenitori ed esperti in comunicazione, la quale è riuscita a smuovere pletore di giovani – e meno giovani – attirati da climatismo in salsa postapocalittica. La ragazzina in mantellina gialla, diventata insieme alle trecce un segno riconoscibile del suo status di combattente per il clima, ha generato una vera e propria massa critica che ha permesso la stratificazione a più livelli sociali e il consolidamento del suo messaggio riassunto nello slogan Il mondo va a fuoco. In realtà, tutto nella vicenda di questa ragazza è diventato uno slogan, tutto è stato opportunamente posterizzato e inserito in contesti mediati, a partire dai Fridays for future, ovvero i venerdì di assenza da scuola con cui, dal 20 agosto 2018, l’allora sconosciuta quindicenne di Stoccolma, in vista delle elezioni svedesi del 9 settembre, ha iniziato le sue sedute di sciopero per chiedere alla politica di rispettare gli accordi di Parigi sulle riduzioni delle emissioni di CO2.

UNA SPONTANEITÀ “MEDIATA”

La narrazione ufficiale racconta di un movimento giovanile “spontaneo e pacifico” nato in seguito alle proteste della ragazza, proteste che si sono poi protratte ben oltre il 9 settembre, e con uno straordinario appoggio di testate giornalistiche, social, governi… Sicuramente molti giovani si saranno uniti alla massa di propria volontà, ma viene da chiedersi quanto possa essere spontaneo un atteggiamento tanto tenacemente evocato dalla narrazione mainstream. A ogni modo, Greta ha poi deciso, forse anche lei spontaneamente, che fosse necessario tenere alta l’attenzione sui cambiamenti climatici in modo organizzato, costante e, soprattutto, globale. È ben noto il suo intervento al World Economic Forum 2021, ma anche la sua vivace protesta anti-Forum nel gennaio 2023, all’indomani del rilascio dopo essere stata arrestata dalla polizia tedesca per le manifestazioni contro l’espansione delle attività estrattive di carbone a Lutzerath. Questa volta, l’attivista svedese si è asserragliata a pochi passi dai locali dove si riunisce l’élite politico finanziaria più potente del mondo, che pure le aveva dato enorme visibilità in passato.

IL PIANO INCLINATO

Chiaramente, le dinamiche avviate dalla ragazzina svedese hanno finito per trascendere la sua persona: libri, trasmissioni televisive, partecipazione a summit politici quasi fosse il capo di uno Stato trasparente, vagamente sansimonista, espressione della volontà di bravi e saggi cittadini uniti dalla visione di un’Apocalisse immeninente. Di cosa parliamo davvero? Gaia, la madre buona e l’uomo, il figlio ingrato. C’è qui un richiamo, nemmeno troppo a latere, a una sorta di ricerca di investitura sacra di cui l’ambientalismo è affamato da sempre; però un culto ha bisogno un ordine (individuale e collettivo) e di uno scopo (salvare il pianeta): «La psicologia – se non la psichiatria – spiegherebbe dunque questo paradossale rovesciamento dei termini: il problema che dicono di combattere diviene la loro ragione di vita e, come tale, è vitale che continui a sussistere. L’ambientalismo è un culto della morte (neo-malthusianesimo) che non può fare a meno dello spauracchio dello sterminio.» (qui)

QUESTIONE DI PERSONAL BRANDING: PERCEZIONE COSTRUITA DELLA REALTÀ

Oltretutto, chiunque abbia anche solo sfiorato l’argomento sa che costruire un personaggio non è così difficile, avendo i fondi, esistono delle strategie precise, codificate da tempo dagli esperti di marketing e comunicazione, e i cui principi sono più o meno assimilabili alle linee guida del personal branding: apparire autentici, individuare il pubblico adatto al messaggio, pianificare la giusta comunicazione, aumentare la visibilità… E così via. Se si sfoglia una qualunque guida pratica alla costruzione del personaggio da lanciare sul palcoscenico dei media contemporanei, non si potranno non riconoscere le tappe precise della scalata all’approvazione sociale globale della Thumberg. E come la Thunberg, anche altri hanno cominciato a scalare le classifiche della visibilità, come per esempio l’ugandese Vanessa Nakate o Helena Gualinga, attivista ecuadoregna, o anche la tedesca Luisa Neubauer, tutte più meno omologate e standardizzate nel loro profilo di attiviste per il clima, con la medesima gestualità, gli slogan, gli argomenti, i profili social.

XR E LA CATASTROFE IMMINENTE

Gli sforzi e i fondi profusi a sostegno delle attiviste (e degli attivismi) fa intuire come tutto questo faccia parte di un piano molto più ampio. Un esempio tra tanti il Movimento XR, per il quale il terrore climatico è addirittura la forza propulsiva. Sostanzialmente anarchico (che in neolinguaggio è diventato decentrato), Extinction Rebellion (ribellione contro l’estinzione) nasce nel maggio del 2018, guarda caso qualche mese prima che la ragazzina svedese iniziasse a scioperare per la stessa causa e con toni apocalittici simili. Il Manifesto XR comprende azione non violenta, inclusività , disobbedienza civile, cultura rigenerativa; utilizza un linguaggio catastrofista (Siamo nel bel mezzo di un collasso climatico ed ecologico, Ci troviamo di fronte a un futuro incerto, La nostra vita è in pericolo) dietrologista (i governi ci nascondono la realtà entità della catastrofe), il solito linguaggio fluido (simboli neutri in sostituzione delle vocali binarie) e tipicamente progressista (Lottiamo contro i sistemi capitalistici). Anche lo slogan usato per “arruolare” nuovi adepti alla causa (XR sei tu) è tipico di certi movimenti di massa, basti richiamare i tanti “Io sono…” o i “Noi siamo…” o i “Non una di meno” o i “MeToo”. Al credito sociale di XR contribuiscono, ovviamente, tanti testimonial famosi (Benedict Cumberbatch ed Emma Thompson, per esempio).

ANSIA PATOLOGICA

Data l’insistenza in toni drammatici e apocalittici, non c’è da stupirsi se l’American Psychological Association abbia registrato un aumento nel tasso di suicidi riscontrandone la causa anche nella paura cronica per il destino dell’ambiente. Così Michael Shellenberger nel suo libro inchiesta Apocalypse never: «Gli scenari apocalittici prospettati da organizzazioni come Extinction Rebellion (quelli dei blocchi stradali, per intenderci), secondo cui “ci saranno miliardi di morti e il collasso della civiltà”, sono inventati di sana pianta. Nessuno studio, nemmeno le previsioni peggiori del IPCC (International Panel on Climate Change, che dal 1988 in sede ONU sintetizza i risultati della scienza climatologica), supportano una simile conclusione. La teoria della sesta estinzione di massa, che sarebbe provocata dall’uomo, fonda i suoi calcoli sul modello areale di specie la cui validità è stata confutata da un decennio; si scontra, inoltre, col fatto storico che, dal 1500 a oggi, solo lo 0,8% delle specie esistenti si sia estinto.» E non è che Shellenberger non sia uno che prende a cuore la causa ambientalista, anzi, nel 2008 la rivista Time lo ha indicato tra i 30 eroi dell’ambiente.

CONTRO IL SISTEMA O PRODOTTI DAL SISTEMA?

Ovviamente è lo stesso Sistema che foraggia questi movimenti e questi attivisti, ma perché? Perché insistere quando è noto ed è detto da esperti che «Energie “pulite” o autovetture elettriche producono esternalità negative forse maggiori dei combustibili fossili o dei motori endotermici»? Forse perché, come affermato da Mario Giaccio, «La finalità dell’ideologia climatica non è il benessere del pianeta e dei suoi abitanti, è il benessere della grande finanza». Qualche esempio? L’indice globale di titoli ambientali voluto dalla Goldman Sach oppure il meccanismo degli ETS (European Union Emissions Trading System): «Ovvero il Sistema per lo scambio delle quote di emissione dell’Unione Europea, che ha indotto alla creazione di un vero e proprio mercato finanziario. Esso è legato ai certificati dei crediti di CO₂, con le aziende con minori esalazioni di biossido di carbonio che possono rivendere i permessi a quelle che ne emettono maggiormente.» (qui) E ancora, Obama che all’epoca spese 150 miliardi per il suo Green New Deal, dandone una cospicua fetta in contributi a fondo perduto a favore dei miliardari che gli avevano finanziato la campagna elettorale. (qui)

I SOLDI SONO GREEN

Nelle tesi di chi vuole proteggere e custodire il pianeta c’è del buono, è giusto preservare e non inquinare, come potrebbe non esserlo? Ma è esattamente questo il problema, perché un principio sano diventa malsano quando gli elementi di ragionevolezza vengono manipolati per fini economici e politici, precipitando nel cancrismo, per cui l’uomo diviene sacrificabile in quanto minaccia, e la cura dell’ambiente diventa un culto, con tanto di dogmi religiosi inviolabili e convinzioni tanto granitiche quanto sbagliate.

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2 Comments

  1. MARIO ROSSI 21 Dicembre 2023 at 17:13

    Evidentemente lei non ha mai parlato ad un attivista climatico né ad uno scienziato, e parla per partito preso, dopo aver letto fin troppi pezzi di opinione, e ignorando la crescente mole di studi accademici e giornalistici che descrivono già oggi scenari apocalittici. Teorie interessanti e valide sul personal branding, peccato che nel movimento climatico di Greta non è mai fregato più di ta to a nessuno se non a chi ci ha costruito sopra la contronarrazione a cui lei, mi spiace dirlo, ha abboccato in pieno. Per quanto riguarda la manipolazione dall’alto da parte della grande finanza, chiunque si accorgerebbe che è una teoria campata per aria che sfiora il complottismo. Se nemmeno l’anno più caldo mai registrato è in grado di farle cambiare la sua posizione, forse tentare è semplicemente una perdita di tempo.

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    1. Vania Russo 23 Aprile 2024 at 8:11

      La ringrazio per questo punto di vista, signor “Mario Rossi”.

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