Peter Doshi, Fiona Godlee e Kamran Abbasi, medici e ricercatori, si sono fatti portavoce, grazie a un editoriale pubblicato sulle pagine della prestigiosa rivista scientifica British Medical Journal, della energica richiesta di parte della comunità scientifica, perché vengano finalmente rilasciati i «dati grezzi» sui vaccini, che devono essere immediatamente, e senza ulteriori sospette scuse, messi a disposizione per ulteriori verifiche e studi. Nel duro editoriale i tre affermano che «non può essere più giustificabile che ci si debba fidare del sistema» anche considerando che le Big Pharma sono aziende con una storia di processi penali e civili che le rende «poco affidabili» (L’Indipendente, venerdì 21 gennaio 2022).

UN PERICOLOSO PRECEDENTE

Peter Doshi

Azioni sospette e strategie sanitarie inquinate dagli interessi economici non sono un qualcosa di nuovo nel panorama medico-scientifico. Anni fa, Daniel Callahan (1930-2019), filosofo esperto di biomedica ed etica della medicina, fondatore di The Hastings Center, il primo istituto di ricerca di bioetica al mondo, intitolava False hopes il suo saggio forse più famoso, nel quale analizzava il problema sempre più ingombrante degli interessi economici soggiacenti alla ricerca medica (e genica); interessi così preponderanti al punto da rischiare di plasmare una «società per la medicina» e non una «medicina per la società». Gli interessi economici sono innegabili, e sono comprovati. Come afferma lo stesso Doshi: «Nelle pagine di The BMJ una decina di anni fa, nel mezzo di un’altra pandemia, venne alla luce che i governi di tutto il mondo avevano speso miliardi accumulando antivirali per l’influenza che non avevano dimostrato di ridurre il rischio di complicazioni, ricoveri ospedalieri o morte. La maggior parte dei test,  alla base dell’approvazione normativa e governativa dell’oseltamivir (Tamiflu), erano stati infatti sponsorizzati dal produttore; la maggior parte dei dati di riferimento non sono stati pubblicati, quelli pubblicati sono stati scritti da ghostwriter pagati dal produttore, le persone elencate come autori principali non avevano accesso ai dati grezzi, e accademici che hanno richiesto l’accesso ai dati per analisi indipendenti non hanno mai ottenuto soddisfazione», e il problema è che «oggi, nonostante l’uso globale dei vaccini contro  il covid-19, e di alcuni trattamenti, i dati anonimizzati dei partecipanti, alla base dei trial di autorizzazione per l’uso di questi nuovi prodotti, rimangono inaccessibili ai medici, ai ricercatori e al pubblico – e probabilmente rimarranno tali per anni a venire. Questo è moralmente inaccettabile per tutte le sperimentazioni, ma specialmente per quelle che riguardano importanti interventi di salute pubblica».

UN RITARDO INACCETTABILE

Il ritardo diventa ancora più preoccupante, considerano che la prova cruciale del vaccino covidico di Pfizer è stata finanziata dall’azienda; e il trial progettato, eseguito, analizzato e scritto da dipendenti della casa farmaceutica, generando così un chiaro conflitto di interessi. L’azienda ha annunciato che non darà accesso ai dati almeno fino al 2025, un inspiegabile ritardo che si ripete anche per gli altri produttori attualmente sul mercato, come Moderna, che ha annunciato che i dati saranno disponibili solo dopo il 2022, e AstraZeneca, la quale sul suo sito ufficiale, spiega che «le tempistiche di rilascio dei dati variano […] e possono richiedere fino a un anno dopo presentazione della richiesta».
I tre ricercatori denunciano che il ritardo di consegna e presa visione dei dati riguarderebbe anche le terapie covid-19. Esistono pubblicazioni, ma nessun accesso ai dati sottostanti, benché le richieste provengano dalla comunità scientifica per motivi più che ragionevoli.

LA TRASPARENZA E LA FIDUCIA

L’assenza totale di trasparenza nella gestione della pandemia, dei dati clinici legati ai vaccini e ai farmaci per il Covid sta diventando un imbarazzante problema per la comunità scientifica, e non è più possibile tergiversare, visti anche i risultati negativi rispetto all’efficacia dei sieri genici. È indispensabile accedere ai dettagli come ad esempio il «motivo per cui i test sui vaccini non sono stati progettati per testare l’efficacia contro l’infezione e la diffusione della SARS-CoV-2.28, poiché conoscendo questi dati, i Paesi avrebbero compreso prima l’effetto dei vaccini sulla trasmissione e sarebbero stati in grado di pianificare opportunamente le giuste strategie di controllo di diffusione del virus.» Il problema è, affermano Doshi, Godlee e Abbasi,  che quella delle Big Pharma è l’industria meno affidabile e raccomandabile, quanto a vera salute pubblica. Gli interessi in campo sono troppi. Almeno tre delle molte aziende che producono vaccini contro il covid-19 hanno avuto problemi con la legge e hanno stretto accordi penali e civili per miliardi di dollari. Per la sola Pfizer, per esempio, si potrebbe citare l’accordo transattivo del 2009 con il Dipartimento di Giustizia americano. La casa farmaceutica era stata accusata di aver promosso farmaci per usi non autorizzati e fu costretta a pagare 2,3 miliari di dollari per frode sanitaria. Nel 2012, invece, la stessa Pfizer pagò più di un miliardo di dollari per un «patteggiamento» che riguardava ben 6000 cause intentate da donne che avevano sviluppato un tumore al seno in seguito all’uso del farmaco ormonale Prempo. Per non parlare dello scandalo Chantix, quando nel 2013 la Pfizer dovette pagare 273 milioni di dollari per transigere 2000 cause risarcitorie legate, appunto, all’uso del noto farmaco anti-fumo. E la lista potrebbe continuare, non solo riguardo alla Pfizer (Fulvio Di Blasi, La morte del phronimos, 2021). La pandemia è stata occasione di lauti guadagni per le case farmaceutiche coinvolte, anche per questo c’è bisogno di «politiche di vaccinazione basate su prove solide. Mentre il lancio globale del vaccino continua, non può essere giustificabile avere semplicemente fiducia “nel sistema”, con la lontana speranza che i dati sottostanti dati possano essere resi prima o poi disponibili per un esame indipendente».

Dunque la trasparenza è la chiave per costruire la fiducia e un percorso importante per rispondere alle domande legittime della gente sull’efficacia e sulla sicurezza sicurezza dei vaccini e dei trattamenti anti-Covid «i dati devono essere disponibili quando i risultati degli studi vengono annunciati, pubblicati o utilizzati per giustificare decisioni normative. Il pubblico ha diritto a questi dati» visto che la gente che si sottopone al siero sulla fiducia sta rischiando in prima persona. 

Fonte: Peter Doshi, Fiona Godlee, Kamran Abbasi, Covid-19 vaccines and treatments: we must have raw data, now. Data should be fully and immediately available for public scrutiny, The BMJ, London, UK, 19 gennaio 2022.

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