Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede.
(1Pietro 5, 8-9)

Avrete di certo sentito parlare del film Papillon (1973) che per primo portò sul grande schermo la vicenda vera e drammatica di Henri Charriere (interpretato da Steve McQueen). Charriere fu accusato ingiustamente di omicidio e costretto a passare anni in una prigione della Guyana francese; il nome Papillon gli fu dato per un tatuaggio a forma di farfalla sul torace. In tredici anni provò per nove volte a evadere, riuscendoci nel 1941, e allontanandosi così per sempre dalla sua prigione, posta sull’Isola del Diavolo. In realtà non si ha certezza che tutto quanto raccontato da Charriere nella sua autobiografia (Papillon, 1969) corrisponda perfettamente alla verità, ma certamente non era colpevole di quanto lo accusavano, cioè l’uccisione, nel marzo del 1930, di un certo Roland Legrand.

UNA PRIGIONE SENZA SBARRE

Perché iniziare con un riferimento a prigioni ed evasioni? Perché la mia esperienza di fuga dall’abuso narcisistico è stata esattamente l’evasione da una prigione psicologica e mentale, emotiva e spirituale. Insomma, mi sono imbattuta in una forma di narcisismo patologico, anche se il narcisismo non sempre è un problema patologico. Ci sono voluti mesi di pazienza, attenzione, sorveglianza di me stessa, cura di me stessa, ascolto attento e vicinanza di persone autentiche, anzi, di amici autentici, e di un marito premuroso e paziente per ritrovare l’equilibrio e il senso della realtà che queste relazioni tossiche distruggono. Sono stati mesi di studio, di lettura di libri, di discussioni, di preghiera, ma anche di ricadute, di rabbia, di frustrazione, di incapacità di comprendere i perché di uno stato emotivo, psicologico e fisico così inspiegabilmente alterato (perdita importante di peso, attacchi di panico, insonnia, ansia immotivata e molto altro). Non darò i dettagli della situazione in nessun caso, perché lo scopo non è accusare qualcuno, però sono stata sempre profondamente convinta che il male, per quanto impenetrabile e incomprensibile, non potrà mai soffocare il bene. La speranza, dunque, è che scrivere la mia esperienza diretta possa non solo suggellare un processo di guarigione, ma anche essere di aiuto ad altri, così come la generosa testimonianza di amici, di professionisti e di sconosciuti ha aiutato me.

PUNTO DI PARTENZA

Non nascondo che questo articolo nasce in parte anche dalla richiesta di alcuni che hanno intravisto in me un cambiamento, che hanno visto l’assenza che ha caratterizzato la mia vita per più di un anno, assenza di slancio, di piacere nello stare insieme, e hanno anche notato i segni fisici di questo cambiamento. Non essendo una psicologa, tuttavia, non potrei mai dare definizioni precise o sollevare il discorso alla sua vera portata: il disturbo narcisistico di personalità è complesso, molteplice, stratificato. Ci sono diversi livelli di narcisismo e di narcisisti; ci sono individui più o meno consapevoli di esserlo. Ci sono forme covert di narcisismo, in cui la persona con il disturbo «appare estremamente vulnerabile ai giudizi e allo sguardo altrui, sofferente, che può facilmente sviluppare sintomi depressivi e di ritiro sociale. Tende a relazionarsi con l’altro senza vederlo, senza dunque sviluppare empatia, e tende, ripetendo dunque forse un trauma subito in precedenza, a ‘usare’ l’altro come conferma di Sé, del proprio valore o a sminuire l’altro per dare valore a Sé», quindi nulla di paragonabile all’immagine del narcisista apertamente “vanesio e superbo” che tante volte abbiamo in mente.

UN PROBLEMA CON MOLTE FACCE

Oltre a questo, il narcisismo patologico può accompagnarsi ad altri disturbi più o meno gravi della personalità: disturbo da fantasia compulsivo, l’istrionismo «Il narcisista istrionico alterna spesso sbalzi d’umore in risposta alle influenze esterne e, a differenza del narcisista che tende a manipolare le persone pur di ottenere ciò che vuole, l’istrionico manifesta apertamente la richiesta di attenzione, indipendentemente dalla sua natura», il disturbo borderline di personalità che «indica propriamente che la sofferenza del paziente tocca principalmente il sentimento di disregolazione emotiva, con fluttuazioni anche rapide o intense dell’umore e della percezione di sé in relazione agli altri».
Insomma, è un campo di indagine vasto e, come tutto ciò che riguarda la psiche, non può essere interamente spiegato e motivato, ma, come detto, alcune cose qui riportate sono basate sull’esperienza diretta che ho fatto e sugli studi che ne sono seguiti, che mi hanno permesso di sottrarmi a situazioni molto difficili, perché conoscere il “nemico” è sempre un’ottima cosa in ogni battaglia.

IL NARCISISMO NON HA SESSO

Con questo intendo dire che ci sono uomini narcisisti e donne narcisiste, anche se i primi godono di peggiore fama – tendenzialmente sono anche i più violenti fisicamente – ma è anche vero che le seconde possono contare su una sorta di “protezione sociale”, e proprio per la loro abilità manipolativa, spesso riescono a passare per vittime, soprattutto quando la persona che hanno “usato per rifornirsi emotivamente” è un uomo, che quindi verrà “svalutato” con estrema facilità agli occhi degli altri, per quel meccanismo sociale, oggi molto accentuato, per cui al “maschio” è stata attribuita una colpevolezza quasi inconsapevole, quella che la femminista Robin D’Angelo ha definito “cospirazione inconscia del maschio”. Ma non è di ideologia femminista che parleremo.

DIVERSI LIVELLI DI INTERESSE: LE FONTI DI ENERGIA EMOTIVA

Nel mio caso specifico parliamo di donne narcisiste, conosciute qualche anno fa e diventate sempre più presenti nel mio quotidiano, fino a dare avvio, al momento opportuno e credo in parte inconsapevolmente, a quel particolare tipo di legame che ogni narcisista (maschio o femmina che sia) instaura con le sue “vittime”. È bene tener presente che tali vittime non hanno tutte uguale valore agli occhi dei narcisisti. Ho appreso che la maggioranza dei narcisisti ha bisogno di trovare dei “fornitori di emozioni”, ergo usano gli altri a questo scopo, ma a livelli diversi di intensità. In altre parole, non tutte le vittime sono considerate utili allo stesso modo, dipende da quanto sono importanti per soddisfare il fabbisogno emotivo dei narcisisti. H. G. Tudor, noto narcisista dichiarato e autore del bestseller Knowing the Narcissist, distingue queste “vittime” in fonti in “primarie” e “secondarie” (addirittura terziarie, quando vengono usate per tempi brevi e soltanto in circostanze precise), volendo con questo intendere che ci sono diversi livelli di coinvolgimento nel legame narcisistico e non tutti gli individui, per fortuna, destano l’interesse completo della narcisista o del narcisista. A volte la fonte primaria di emozioni è un membro della famiglia, altre volte un amico o un’amica, ma più spesso è la persona con cui intrattengono la relazione più intima di tutte (anche se solo di transizione). Le fonti secondarie possono essere amici o conoscenti, magari semplicemente qualcuno che orbita intorno alla fonte primaria e sfiora marginalmente le complesse trappole psicologiche ed emotive messe in atto dai narcisisti per trattenere l’obiettivo principale.

L’INNESCO DI UN LEGAME

Ma quando scatta la trappola? Come? Perché? In generale, narcisiste e narcisisti sono attratti da soggetti empatici, emotivamente promettenti, in altre parole, la “carica emotiva” è ciò che attiva la bramosia di questi “predatori”. Chiunque riesca con il proprio atteggiamento, con le parole, con i fatti, con le intenzioni espresse (o addirittura inespresse e non verbali) a farsi notare, quasi inevitabilmente innescherà nei narcisisti (se ce ne sono in giro) la miccia dell’infatuazione iniziale, il che porterà alla fase di seduzione, che gli psicologi chiamano “love bombing”, durante la quale i narcisisti annodano la relazione con il loro bersaglio, costruendo uno scenario idilliaco e perfetto, fatto di incredibile intesa, straordinaria attenzione, inesauribile vicinanza, intuizioni dal grande effetto scenico. Quando ci si mette a una certa distanza da quel periodo si riesce a vederne la terribile potenza invasiva, e diventano chiare anche le reali intenzioni che c’erano dietro a ogni frase, parola, messaggio. Da una certa distanza si comprende finalmente che lo scopo di questo continuo bombardamento di affetto era stupire, legare a sé e carpire informazioni. I narcisisti hanno bisogno di osservare per imparare a “riflettere”, proprio come in uno specchio, i bisogni delle vittime per sapere cosa dire e cosa fare, in modo da rendere falsamente perfetto il rapporto, nel mio caso di amicizia.

DALLO SFRUTTAMENTO ALL’ABUSO

Lo sfruttamento narcisistico, che poi diventerà abuso, ha inizio sempre con questa fase di seduzione, in cui la “vittima” viene riempita di attenzioni, complimenti, adulazioni, slanci di affetto. Ricordo che a me capitava di chiedermi: “Ma come è possibile dichiarare affetto per una persona in così poco tempo?” Ritrovarsi con la vita piena di “Ti voglio bene” detti con indebita leggerezza, e incomprensibile frequenza soprattutto a un certa età, dovrebbe suscitare ritrosia immediata in chi è vigile, ma si può peccare di ingenuità e fiducia, succede. Tuttavia non è affetto vero, tutto qui. Non bisogna sentirsi crudeli nel dirlo e ripeterlo, è una situazione che va accettata e che tra l’altro è ribadita ampiamente dalla letteratura medico/scientifica di riferimento: i narcisisti non amano, usano. La loro seduzione non ha per fine il bene dell’altro o dell’altra, ma il suo sfruttamento, per colmare il vuoto in cui quotidianamente si dibattono, con cui devono combattere perché nulla li soddisfa mai abbastanza, nulla li accontenta veramente, nulla è alla loro altezza, nulla merita la loro reale attenzione, nulla ha più valore per loro di se stessi.

NON SEMPRE È PATOLOGICO

È però importante non cadere nell’errore di considerare ogni comportamento disfunzionale come un segno di narcisismo patologico. Tutti attraversiamo dei momenti di difficoltà psico emotiva, fasi di passaggio, problemi esistenziali di qualche tipo, distacchi, chiusure, aperture, questo non fa di noi dei narcisisti patologici, anche se una quota di narcisismo può riguardare tutti. Il narcisismo patologico si rende evidente in schemi ricorsivi e continuativi, in tratti particolari, in situazioni che si ripetono e che alternano passaggi di normalità e altri di distorsione in fasi quasi cicliche; io le ho notate queste fasi e le ho collocate in un quadro di significati e questo mi ha aiutata. Il percorso è sempre lo stesso, magari con diversa durata, diverse modalità o diverse accentuazioni in ogni soggetto affetto da narcisismo.

I TRATTI “SOMATICI” DEL NARCISISMO

Io ho notato questi schemi comuni nel comportamento, per esempio l’atteggiamento del martirio (Nessuno ricambia il mio affetto, nessuno si prende cura di me, la mia vita è una storia di delusioni e difficoltà, sto sempre male…) che è una leva potentissima se avete un istinto materno iper-attivato ed esposto; il tratto della grandiosità (Io so fare questo meglio degli altri e posso insegnare anche a te); lo spostamento della colpa unito al tratto del martirio (Non è colpa mia, è stato X a fare in modo che io mi comportassi così, io non potevo difendermi in quel momento); il tratto dell’eroina/dell’eroe (Io posso risolvere i tuoi problemi, solo io ti capisco e posso salvarti); l’uso di triangolazioni emotive come forma di ricatto e minaccia di abbandono, fino al tradimento vero e proprio, che però non è mai percepito come tale, perché sarà sempre giustificato dallo spostamento della colpa, e viene usato non solo per ottenere maggiore rifornimento emotivo (più fonti contemporaneamente vuol dire più emozioni e scariche di dopamina/adrenalina), ma anche per punire chi osa mettere il naso fuori dalla gabbia.

IO, ME, MIO

Ma perché agiscono così? Sono cattivi? Io direi di no, il fatto è che i narcisisti e le narcisiste non amano, possiedono, e vogliono possedere sempre la persona più bella, oppure più motivante, oppure più in alto, o magari più affascinante e attiva emotivamente, oppure più positiva, più profonda, più introspettiva; vogliono ottenerla, trarne nutrimento e dominarla, magari imponendo la loro superiorità o facendone mostra come un trofeo. La seduzione iniziale serve a trascinare le vittime in un mondo di ambiguità, sottintesi, imitazioni, ricatti psicologici più o meno evidenti. Mi è capitato spesso di sentirmi ascoltata, capita, profondamente accolta da queste persone, ma non era reale: io servivo a uno scopo, venuto meno quello scopo, in un caso è seguita la fase dello scarto, nel secondo caso, avendo capito il meccanismo, ho potuto attuare una strategia opportuna di evasione. Ora lo dico con semplicità e tranquillità, eppure quando si è nel mezzo della tempesta, la loro capacità di “riflettere” le nostre emozioni e carpire il nostro modo di essere è altamente manipolativa.

NON C’È TEMPO PER ESISTERE

Quando si è in questa gabbia senza sbarre, non c’è più tempo per gli amici autentici, per la famiglia, per se stessi. Narcisiste e narcisisti richiedono tutta l’attenzione della vittima, perché vogliono essere il centro, odiano essere messi da parte, non tollerano la dimenticanza, il coinvolgimento mancato in una qualunque attività fatta con altri, il disinteresse anche solo momentaneo. Una volta che si sono insediati nella vita di qualcuno, vogliono dominare, distruggere tutto il resto, annientare qualunque possibilità di ribellione nelle vittime. Il loro possesso implica che debbano decidere con chi la vittima può parlare e chi deve ignorare. Mi è capitato di sentirmi rimproverare perché prestavo attenzione ad altre persone, tra l’altro attenzioni lavorative. Ma non bisogna confondere questo con una richiesta di complicità o vicinanza normale in un rapporto di amicizia sano, si tratta di subdole frasi, di rimarcature pungenti e colorate di giudizio, di parole apparentemente buttate là, di trucchetti psicologici nei quali vibra la vera natura della persona con cui avete a che fare. Frasi che accendono perplessità e sospetto, ma in questa fase non riuscite a spiegarvi il perché, non potete averne idea.

IL MURO DELL’INCOMPRENSIONE

Ci sarà il momento delle spiegazioni, prima o poi arriva, e voi tenterete di capire, ma i narcisisti vedono solo il bianco e il nero, non sono in grado di cogliere le sfumature, non sanno mettersi nei panni degli altri e, dato che il loro è un abuso emotivo, prima o poi la fonte primaria di emozioni (un mese, un anno, dieci anni) si sarà consumata e loro passeranno a qualcun altro, lasciando le vittime esauste e consumate dai sensi di colpa, perché nel frattempo avranno anche fatto in modo da portare le ex fonti primarie sul baratro di un continuo interrogarsi e mettersi in discussione: “Non può una persona così sensibile e affettuosa avere secondi fini, no, deve essere stata tutta colpa mia, ho sbagliato io.” Questo è un processo che distrugge qualunque ambizione di chiarezza e scava a fondo nella vostra autostima, annichilendo la volontà di venirne fuori e togliendovi le ultime energie mentali residue. Il problema è che discutere non serve, anche se il vostro senso di giustizia e la vostra necessità di spiegare fanno pressione, non ne verrete a capo, perché avrete sempre torto. L’unico modo per uscirne è proprio uscirne. Nel momento stesso in cui vi rendete conto di avere a che fare con un legame di tipo narcisistico l’unica cosa da fare è andarvene, attuando una strategia che gli psicologi chiamano No contact.

COS’È IL NO CONTACT

Ho attuato questa strategia dietro consiglio di amici e professionisti, anche se la mia indole sarebbe tutt’altra. No, purtroppo qui la gentilezza non c’entra nulla e la buona educazione tanto meno. Fatevi questa domanda: voi entrereste in una gabbia con un leone affamato, per buona educazione? Ma certo che no, perché non avreste speranza di uscirne vivi. Il No contact è una strategia di chiusura assoluta, volta soprattutto a evitare che la narcisista o il narcisista con cui siete in contatto possano operare un “recupero” nei vostri confronti, rimettendovi in gioco come fonte di rifornimento emozioni, a questo punto negative o positive a loro non interessa, anche una discussione è ottima per essere al centro dell’attenzione e per non essere dimenticati, oppure per sentirsi ancora importanti. Una strategia efficace di assenza di contatto richiede fermezza e tanta, tanta perseveranza. Spesso siamo noi il nostro più grande nemico e lo siamo ogni volta che andiamo a controllare le pagine dei narcisisti, lo stato, i cambiamenti, le immagini eccetera. Perché lo facciamo? Perché ci sentiamo scartati e questo fa soffrire; lo facciamo perché il legame narcisistico è fatto per svilupparsi come una forma di dipendenza e non è mai facile staccarsi dalle dipendenze. Visitare un profilo social, rispondere all’ennesima email, mandare un altro messaggio per riaccendere la discussione serve a colmare un bisogno creato volutamente (anche se forse inconsapevolmente) dai narcisisti, e contro queste dipendenze servono difese logiche e rigore. Esplorare qui la strategia del No contact nella sua severa interezza sarebbe troppo dispendioso, ma vi invito a informarvi, perché è davvero risolutivo.

RISCRIVERE LA STORIA

Ricordate sempre che ai narcisisti non interessa quello che provate voi, quanto male vi hanno fatto o quanto male state, non provano pietà, non importa cosa gli altri fanno o attraversano, perché gli altri per loro non sono persone, ma oggetti: è esattamente un processo di “oggettivazione” o, se volete, di “depersonalizzazione”. Una narcisista patologica o un narcisista patologico si considerano superiori e speciali. Il cosiddetto “scarto” di una “fonte di rifornimento emotivo” avviene spesso perché una persona non è più utile allo scopo, il resto non conta e tanto meno contano le preoccupazioni che governano le scelte degli altri. Piuttosto, queste persone mettono in atto una riscrittura della storia a proprio uso e consumo: eventi cancellati o rettificati oppure inventati e inseriti per poter alterare la storia ed escludere categoricamente qualunque loro implicazione negativa in quanto accaduto. I narcisisti hanno bisogno di vincere e faranno di tutto per vincere, anche a costo di contraffare tutto quello che è successo e questo, in un empatico o in una persona quanto meno “normale”, provoca una terribile ribellione, una collisione interiore tra il senso di colpa e il senso di giustizia che imporrebbe di rimettere le cose in chiaro e dare a ciascuno la sua parte.

FUGA O VERITÀ?

Ma ha senso rimarcare la verità? No, in questo caso non serve a nulla, se non ad alimentare il processo di “svalutazione” che segue allo “scarto”. Il processo di distacco e svalutazione è frustrante e duro, simile alla disintossicazione da una dipendenza. I narcisisti in genere lo attuano con punizioni psicologiche di ogni tipo, che nell’era dei social potrebbero tradursi con foto che li ritraggono con altre persone, post allusivi, sorrisi smaglianti di nuova raggiante felicità, vacanze mozzafiato in compagnia di nuovi amici, tutte esposizioni “mediatiche” che nel loro mondo assumono un significato straordinario. Purtroppo, però, il processo di svalutazione può andare anche oltre, e a volte si arriva alla diffamazione, alle bugie o, appunto, all’alterazione della verità, il tutto per munirsi di una maschera di assoluta innocenza e integrità davanti agli altri (magari alle nuovi fonti emotive) e, nel contempo, riattivare di nuovo un circuito di alimentazione emotiva fatta di scontri e discussioni.

PIANO DI EVASIONE

Come fare a uscirne definitivamente, evitando di cadere nella trappola dei ritorni e della continua svalutazione? Con la strategia del No contact a cui facevamo riferimento. Smettere di pensarci, chiudere tutti i rapporti, evitare di guardare indietro, non interessarsi più a quello che fanno, smettere di visitare le loro pagine social, smettere, per quanto possibile, di parlare di loro con altri amici e parenti, perché anche questo fa parte del bisogno di sfamare la dipendenza psicologica che loro hanno instaurato: parlare di loro è come restare in contatto con loro. Anche voi in tutto questo avete sbagliato? Va bene, tutti abbiamo delle responsabilità nella vita e tutti abbiamo qualcosa di cui rendere conto, ma nel rapporto con dei narcisisti, ve lo garantisco, le colpe e le ragioni non saranno mai equamente distribuite. Non ce la farete, non riuscirete a sopravvivere a una discussione con loro. Rabbia, frustrazione, dissonanza cognitiva, confusione domineranno, e rischierete che il soggetto narcisista riesca a convincervi che avete completamente torto, che siete voi i manipolatori, che siete voi i carnefici.

SPICCARE IL VOLO

Non permettete a queste persone di farvi più male di quanto non abbiano già fatto, chiudete e basta. Non odiateli mai, non fatelo perché non serve e vi fareste soltanto del male. Perdonate voi stessi e perdonate loro. Ricordate sempre: non dovete spiegare nulla, non dovete essere gentili e non spetta a voi salvarli, perché se siete stati presi di mira probabilmente siete delle persone emotivamente generose, in pratica le loro vittime preferite, questo fa di voi i meno adatti ad aiutarli. Chiudete e chiedete aiuto a chi vi vuole davvero bene, amici autentici, persone autentiche; anche professionisti nel caso, ma chiudente, senza se e senza ma e non tornate indietro. Spiccate il volo verso la luce e lasciatevi queste terribili tenebre alle spalle, provate davvero a evadere, come fece Papillon, perchè questo è il modo migliore per dare ragione al vostro senso di giustizia. Io ho fatto così e sono evasa dalla prigione.

Bibliografia

  • H. G. Tudor, Knowing the Narcissist, anche nella traduzione di Paola De Carli <https://conoscereilnarcisista.com/blog/>.
  • Andrea Fossati , Serena Borroni, Narcisismo patologico. Aspetti clinici e forensi, Raffaello Cortina Editore, 2018.
  • Alfredo Lombardozzi, Elena Molinari, Forme del narcisismo. Teoria e clinica nella contemporaneità, Raffaello Cortina Editore, 2024.
  • Caroline Foster, Donne Narcisiste. Guida concreta per uomini empatici.
  • Fabio Madeddu, I mille volti di Narciso. Fragilità e arroganza tra normalità e patologia, Raffaello Cortina Editore, 2020.
  • Otto F. Kernberg, Sindromi marginali e narcisismo patologico, Bollati Boringhieri, 1978.
  • Christopher Lasch, La cultura del narcisismo, Neri Pozza, 2020.
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