Quando “il nome della rosa” è un pregiudizio

Chi potrebbe dimenticare la diffusione planetaria del film di Jean-Jacques Annaud Il nome della rosa (1986), tratto dal romanzo più celebrato di Umberto Eco; chi potrebbe non essere almeno parzialmente influenzato dal fatto che il libro sia considerato come una delle produzioni letterarie italiane più vendute al mondo (pare con oltre cinque milioni di copie).

Il libro dei segreti

Eppure non è un libro accogliente, anzi, le digressioni storiche di Eco sarebbero in grado di respingere persino i lettori più volenterosi. Smettere di leggere, anche per poco, può voler dire perdere il filo, il significato sotteso, l’intento narrativo. Dietro tutto vige un costante senso di smarrimento di fronte a una cultura, quella di Eco appunto, che esonda spesso, trascinando via dall’alveo della storia.

Enigmi da film

Un romanzo difficile, ma già molto noto; una trasposizione cinematografica con trascorsi più che gloriosi (visto anche il cast con il pluripremiato Sean Connery); e ora una produzione televisiva che debutterà su Rai 1, una serie italo-tedesca, trasmessa anche negli Stati Uniti e in Canada. Quali sono i segreti di questo libro?

Apologetica della modernità

Umberto Eco era un erudito, «un illuminista estremo», scrive di lui il giornalista Blondet, uno che amava affermare che dietro l’esoterismo in realtà c’è ben poco, per lui dietro il mistero non c’è nulla di misterioso. Il nome della rosa è un’apologia della modernità «può essere letto a tre diversi livelli: come romanzo pseudo-storico; come romanzo ideologico a tesi; e come romanzo iniziatico, che contiene anche un senso nascosto. La lettura più facile è quella pseudo-storica del Medioevo di cartapesta, a cui corrisponde il film», sottolinea lo studioso Massimo Introvigne.

Una tesi senza fondamento

Il nome della rosa

La tesi su cui si basa l’interno romanzo – il desiderio della Chiesa di occultare un volume che avrebbe pericolosamente legittimato l’umorismo, nemico della fede perché liberatorio rispetto al timore religioso – non ha alcuna plausibilità storica. Studi, anche non molto approfonditi, possono dimostrare ampiamente quanto i benedettini del Medioevo abbiano contribuito a preservare il mondo classico della commedia, perfino se moralmente discutibile. Per san Tommaso «l’umorismo di suo costituisce una manifestazione della razionalità umana che può essere perfino virtuosa» e l’assenza di umorismo (in defectu ludi) può condurre al peccato, perché «tutto quanto è contro la ragione nelle cose dell’uomo è vizioso». A ben vedere, i veri uomini medievali sono ben lontani da quelli cupi, tetri e apocalittici descritti da Eco. Ma la strategia è ormai collaudata: stigmatizzare i singoli comportamenti per demolire tutta l’Istituzione, e tutto il periodo storico che della Cristianità era espressione.

False testimonianze

Dal romanzo, già fortemente ideologico e anticattolico, il film di Annaud estrapola e amplifica in particolare due temi: la corruzione dei religiosi e l’oscurantismo dell’Inquisizione, quanto a questa la versione cinematografica più del libro ripropone un “arsenale” di congetture piuttosto noto (già i libelli Illuministi e letteratura popolare ottocentesca para massonica erano pieni di simili invenzioni): strumenti di tortura, ferri arroventati, inquisitori crudelissimi, misteriose spedizioni punitive notturne. Il vero e il falso abilmente mescolati.

Cosa c’è da aspettarsi dalla nuova versione televisiva con data 2019, i soliti pregiudizi e cliché? Le dichiarazioni che l’attore Rupert Everett (nella serie interpreta il terribile domenicano Bernardo Guy), avrebbe rilasciato ai giornalisti di Vanity Fair all’interno della promozione de Il nome della rosa, e che molte testate web stanno rilanciando, non fanno presagire nulla di diverso:

«È la mia crociata contro la cultura dentro cui sono cresciuto, e in generale, contro la Chiesa cattolica che, nel Medioevo, era più terribile dell’Isis. Provo piacere a mostrare il lato oscuro di un’istituzione che detesto».

Sono, ovviamente, affermazioni oggettive e storicamente qualificate. Insomma, siamo in buone mani. Come scrive lo storico (non cattolico) Rodney Stark:

«di veramente oscurantista c’è solo il pensiero irreligioso e intollerante della modernità».

Bibliografia

Scott Sullivan, Master of the Signs, in Newsweek (Atlantic edition), vol. CVIII, n. 25, 22-12-1986.
Umberto Eco, Il nome della rosa, 5a ed., Bompiani, Milano 1981.
Massimo Introvigne, Contro Il nome della rosa, Cristianità n. 142, 1987.
Herbert Thurston S.J., La Chiesa e la stregoneria, in Satana (dalla collezione degli Etudes Carmelitaines), trad. it., Vita e Pensiero, Milano 1953.
San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, IIa-IIae, q. 168.
Marco Tangheroni, Medioevo contraffatto, Cristianità n. 142, 1987.
Rodney Stark, False testimonianze. Come smascherare alcuni secoli di storia anticattolica, Lindau, 2016.

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