Il consenso costruito passa anche per l’editoria, cambiare la coscienza sociale permette di controllare le scelte del pubblico, in questo caso dei lettori della massa. Quando parliamo del libro della Miller, La canzone di Achille, come detto, possiamo dunque supporre che nel 2011 il pubblico non fosse ancora pronto per accogliere le istanze omosessuali e anti-patriarcali trattate come temi centrali dall’autrice, seppur con un linguaggio magro e flautato; oggi, evidentemente, sì. Almeno possiamo supporlo con un buon margine di ragionevolezza. I ragazzi di oggi, cui lo Young Adult della Miller si rivolge, non sono i ragazzi del 2011. Nel giro di pochi anni, infatti, le tematiche trattate dalla scrittrice femminista hanno conosciuto una rapida diffusione e sono state imposte al grande pubblico con una sovraesposizione mediatica.

L’EDUCAZIONE COLLETTIVA NEL NOVECENTO

L’utilizzo del mezzo culturale, in questo caso il romanzo, come atto di educazione collettiva non è un’invenzione della Miller né tanto meno di coloro che oggi ne fanno ampio uso. La costruzione del consenso avviene mediante calibratissime strategie culturali e multimediali, «vale a dire quelle strategie che progettano insieme un testo e il pubblico o i possibili pubblici di quel testo» (Daniela Betti, 1989, p. 54). Andando indietro nel tempo scopriamo che tali operazioni ideologico-culturali si radicano agli inizi del Novecento, o meglio, acquisiscono forma e sostanza di disegno sempre più intenzionale. Si moltiplicano cioè i sempre più fertili appelli al senso comune e ai valori condivisi, valori che, però, vengono cullati da una élite. Il 29 gennaio del 1916, la rivista Il Grido del Popolo (attiva dal 1892 alla seconda guerra mondiale) pubblica il monito accorato di Antonio Gramsci (1891-1937) proprio in merito al «potere nelle parole» e al «giornalismo integrale». Ogni mutamento della realtà, delle basi economiche, dell’etica ha bisogno di «riforme intellettuali» che siano promesse da una élite per poi essere estese alla massa. Il compito di divulgare le coordinate culturali volute da questa élite è assolto «o perlomeno perseguito, dagli organi di stampa, da una pubblicistica attiva e fattiva, da un sistema di giornali e riviste, congruenti e compatti nella condivisione dell’esistenza di uno scopo finale quella della “persuasione” – o in maniera più sfumata, quella della “educazione” ideologica – anche se ovviamente essi sono differenziati per scopo e nell’impiego delle armi atte a raggiungerlo» (Escher, p. 142).

LE NUOVE NARRAZIONI ETICHE

L’editore va ad assumere, quindi, il compito di «educatore della collettività» e si consorzia con altri canali di comunicazione – oggi anche i social – perché il libro, da mero prodotto commerciale, possa fungere anche da diffusore – amplificatore, direbbe Bernays – di tutte quelle informazioni e di tutte le nuove narrazioni etico-morali e sociali che possano concorrere a «educare la massa». Difficile eludere il fatto che l’editoria in questione assolva, in questo caso, a una funzione ideologica, quella funzione che Gramsci, Togliatti (1893-1964), Gobetti (1901-1926) hanno ben in mente, quando varano le Edizioni Unità, le Edizioni Rinascita e, poi, gli Editori Riuniti. Produrre romanzi, o suscitare clamorosi fenomeni editoriali – come nel caso del blockbuster narrativo della Miller – non rientra forse nella necessità gramsciana di «una organizzazione di vendita […] strettamente legata all’indirizzo ideologico della merce venduta»? La cultura «socializzata» atta a trasformare le nozioni astratte in «azioni vitali» modificando anche l’ordine morale non passa oggi anche per le classifiche di vendita dei bestsellers? Nel 1955, Editori Riuniti pubblica I miei sette figli, di Alcide Cervi. La trama ha nel suo centro tematico e ideologico la storia d’amore di Marina e Mimmo Sereni, un uomo e una donna come tanti che sfuggono all’oscurantismo religioso e scoprono la nuova verità del socialismo, una vicenda che «si inserisce bene nella tradizione e, attraverso la potenza dei sentimenti, riesce a trascinare il lettore verso quei contenuti nuovi» e quei nuovi valori liberali che normalmente avrebbe respinto. I miei sette figli è un prontuario di educazione sentimentale socialista che conosce una diffusione straordinaria – più di 1 milione di copie – grazie al costo bassissimo (diciamo popolare) e alla poderosa campagna promozionale. Tra le istruzioni affidate ai militanti, incaricati di diffondere l’opera, c’è anche quella di «leggere almeno un brano che dia l’esatta impressione della forza emotiva dei libri» (Daniela Betti, p. 70). In altri termini è un tentativo di indurre il pubblico a credere in una realtà diversa, ad abbracciare qualcosa di nuovo, a simpatizzare con qualcosa di altrimenti respingente, mediante l’uso di narrazioni coinvolgenti, in modo che i lettori introiettino le istanze dei personaggi fino ad assorbirne i comportamenti, le idee, le motivazioni, l’etica, la morale… e così via.

ROMANZI E PROPAGANDA: DELITTO E CASTIGO

La costruzione del consenso e della nuova etica condivisa passa anche dal romanzo, perché «senza la parola, la storia sarebbe muta». Il linguaggio e le storie alludono sempre a una realtà (benché diegetica) che codifica e decodifica dei messaggi. Gli epifenomeni editoriali come La canzone di Achille non incideranno certo sulla storia della grande letteratura, ma contribuiranno a costruire quello che Gramsci definisce «la preparazione ideologica di massa […] una necessità della lotta rivoluzionaria, una delle condizioni indispensabili della vittoria» (A. Gramsci, Per una preparazione ideologica di massa, aprile-maggio 1925). Nel 1922, Walter Lippmann (1889-1974) scrive, nel saggio L’opinione pubblica, che la gente conosce e giudica il mondo attraverso le informazioni fornite dai mezzi si comunicazione: «Lippmann riteneva che i media accentuassero lo scarto fra i fatti e la loro rappresentazione, drammatizzando certi aspetti e ignorandone altri e rafforzando gli stereotipi» fabbricando così il consenso e alimentando «l’illusione del cittadino informato» (Foa, p. 23). Noi, dice Lipmann, «siamo praticamente impotenti di fronte ad una premessa falsa, che nessuno dei partecipanti abbia messo in dubbio, o di fronte a un aspetto poco noto, che nessuno di loro abbia portato in discussione». L’editoria non è forse coinvolta nel gioco di potere che proietta sul muro della caverna l’immagine del mondo più conveniente grazie alle strategia di propaganda e alle tecniche di persuasione di massa? A ciascuno spetta il poter rispondere; almeno questo.

Leggi la prima parte

Bibliografia

  • Richard H. Thaler, Misbehaving: The Making of Behavioral Economics, New York: W. W. Norton & Company, 2005, (Ed. italiana: Misbehaving, Torino, Giulio Einaudi Editore, 2018.
  • Enrico Escher, Il potere nelle parole. Il giornalismo “integrale” di Antonio Gramsci (pp. 141-167), Annali della facoltà di Scienze della formazione, vol. 3, 2004.
  • Daniela Betti, Il partito editore. Libri e lettori nella politica culturale del Pci 1945-1953, Italia Contemporanea, giugno 1989, n. 175, pp. 54-74.
  • Antonio Gramsci, Giornalismo, in Quaderni del Carcere, Edizione critica dell’Istituto Gramsci a cura di Valentino Gerratana, Torino Einaudi, 1975.
  • Madeline Miller, La canzone di Achille, Marsilio, 2019.
  • Omero, Iliade, nella traduzione del Monti.
  • Matteo Deroma, Rilettura ed esegesi omerica alla Scuola di Gaza : Il caso del Patroclus di Coricio, Approches historiennes des images (I), 32/2016.
  • Paola D’Alessio, Aspetti della tradizione manoscritta di Coricio di Gaza (IV), dicembre 2016.
  • Alfonso Catapa González, Patroclo, Guillermo Escolar Editor; 2020.
  • Gherardo Ugolini, Achille e Patroclo, Società Editrice La Scuola, Brescia, 1932.
  • Erik Agner, Economia comportamentale. Guida alla teoria della scelta, Hoepli, 2017.
  • Marcello Foa, Gli stregoni della notizia. Atto secondo. Come si fabbrica informazione al servizio dei governi, Guerini e associati, 2006.
  • Arnaldo Testi, L’illusione del cittadino informato: Walter Lippmann, 1922, 23 febbraio 2013.
  • Walter Lippmann, L’opinione pubblica, Donzelli, 2004.
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