Oggi pochissimi gruppi privati hanno la possibilità di determinare processi su scala globale; processi che valgono per tutti gli altri esseri umani, sia che questi ne siano a conoscenza, sia che non ne abbiano il minimo sospetto. Gestire dati vuol dire trarre enormi profitti dalle informazioni che ognuno di noi produce ogni giorno. Da un lato si espande la «corsa all’oro gemonico», ovvero il tentativo di mappare quanti più codici genetici è possibile, dall’altro c’è la necessità di raccogliere dati oggettivi che possano essere abbinati alla genetica, il tutto grazie agli algoritmi e alle intelligenze artificiali (AI) che continuano a connettere tra loro milioni di queste informazioni.
Il grande affare dei dati sanitari
Tra i dati più utili – soprattutto in termini di guadagno – ci sono quelli sanitari, con tutte le conseguenze peggiori sul piano della privacy. La Ibm ha creato a Milano un centro per l’analisi di migliaia (se non milioni) di dati relativi alla salute dei pazienti, dati che giungono da varie fonti, e che arrivano a Watson, una potente AI di ultima generazione. Del resto «Quasi tutte le corporation del settore delle telecomunicazioni oggi hanno aperto una divisione Health», e la raccolta dati è anche spontanea, se pensiamo che gli smartphone che utilizziamo ogni giorno forniscono alle aziende i nostri spostamenti quotidiani, il livello di attenzione, i gusti commerciali, le preferenze audio-visive, il ritmo sonno-veglia e così via.
Project Nightingale
Ma l’ultimo, più deciso avanzamento in questa direzione è quello di Google. Il colosso potrà avvantaggiarsi della gestione di decine di milioni di cartelle cliniche, grazie all’accordo con Ascension, estesa catena americana di ospedali. Nasce così Project Nightingale (Progetto Usignolo), il quale prevede che Google fornisca ad Ascension i mezzi tecnologici per accedere ai dati clinici di milioni di pazienti, e condividerli in tempo reale, analizzandoli e integrandoli grazie all’AI su cui la holding sanitaria Alphabet, sempre di proprietà della Google, sta lavorando da anni. Il tutto è incardinato in un progetto lanciato dall’allora governo Obama, Precision Medicine, pensato per sviluppare la tecnologia utile a raccogliere in maniera sistematica i dati della variabilità umana: big data e genetica.
Perché raccogliere dati?
Amazon e Apple stanno lavorando a progetti simili, e intanto si moltiplicano le class action di pazienti che hanno scoperto di essere stati oggetto di analisi e archiviazione senza aver dato le doverose autorizzazioni, come nel caso in cui sono coinvolte l’Università di Chicago e la stessa Google, per aver gestito, tra il 2009 e il 2016, i dati sanitari di centinaia di migliaia di pazienti a loro insaputa. Conoscere le abitudini, la genetica e le problematiche sanitarie di una persona, vuol dire poter fornire in anticipo dei servizi, ma non si tratta solo di erogazione anticipata di farmaci e cure, si tratta anche di guadagnare grazie al peso di queste informazioni e, in definitiva, influenzare le decisioni di milioni di utenti.
Dalla realtà al romanzo: tra narrativa storica e inchiesta
«La seconda notizia?», tornò a chiedere Ettore, mostrando di aver seguito la telefonata.
«Riguarda un incidente a Londra», riprese Christian, «Uno dei laboratori della HiT è stato devastato da un incendio. Tre i morti, due ricercatori e un medico». Si avvicinò al tavolo, guardò l’offerta sul vassoio, ma non si servì. «Il medico era una nostra Antenna, un infiltrato. Ci stava passando informazioni sullo stato di avanzamento di alcune ricerche in campo genomico della HiT».
«Cosa vuol dire ricerche in campo genomico?», chiese Martina, sempre più stranita.
«Sperimentazioni legate allo sviluppo di un progetto genoma. Ufficialmente le aziende mediche consorziate nella HiT propongono ai pazienti la possibilità di avere una consulenza genetica per indagare il DNA con lo scopo di individuare eventuali patologie. In realtà è un modo per raccogliere dati. Come sospettato, Oruley non ha rinunciato al progetto Auberon».
«Non capisco di cosa tu stia parlando Christian, mi spiace», mormorò lei, smarrita.
«È un sistema di apprendimento autonomo basato su particolari algoritmi matematici su rete neurale artificiale, un’Intelligenza Artificiale complessa articolata sul deep learning Per farla semplice è un’architettura che permette alla macchina di pensare in modo simile a un essere umano, solo milioni di volte più velocemente».
«Ma perché il dottor Oruley starebbe sviluppando una cosa del genere?»
«Perché incrociando scelte finanziarie, sequenze genetiche, abitudini e comportamenti è possibile profilare e selezionare con precisione impensabile gruppi di persone con determinate caratteristiche arrivando fino al singolo individuo, portando a uno stadio successivo l’analisi dei big data, cioè tutti quei dati derivati dalle nostre attività quotidiane: telefoni, carte di credito, scelte televisive, applicazioni dei computer, infrastrutture intelligenti, sensori montati sugli edifici e sui mezzi di trasporto pubblico o privato. E poi ci sono quelle informazioni recuperate dal bacino alimentato dal deposito volontario degli utenti delle piattaforme di biogenetica, dai pazienti che firmano ignari i fogli della privacy nei centri medici, dalla cessione volontaria di medici compiacenti. Incrociando tutto, Auberon può individuare degli schemi logici nuovi capaci di prevedere e influenzare il comportamento umano». Li fissò. «È come essere i soli a vedere in una terra di ciechi. Inoltre il progetto prevede anche che tutti questi dati vengano catalogati in un database chiamato NextEden, secondo protocolli utilizzati dal biohacking, con lo scopo di potenziare gli esseri umani partendo dal DNA».
«Mi sembra pura fantascienza…», disse Martina, atterrita.
«No, è marketing», riprese Christian.
Tratto da La Chiave di Auberon di Vania Russo
Bibliografia
Datacrazia: Politica, cultura algoritmica e conflitti al tempo dei big data, a cura di Daniele
Gambetta, D Editore, edizione digitale, 2018.
Il grande affare dei big data, di Maddalena Guidatto, su La Verità, 13 novembre 2019.
Nick Bostrom, Superintelligenza – Tendenze, Pericoli, Strategie, Bollati Boringhieri, 2018.
Alessandro Delfanti, Biohacker – Scienza aperta e società dell’informazione, edizioni Elèuthera, 2014.
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