La verità è ciò che sopporta la verifica dell’esperienza.
Albert Einstein

Il concetto di patriarcato appartiene alla storia, alla sociologia, all’antropologia, alla demografia… O dovrebbe appartenere a queste discipline, non per trovarne una definizione assoluta che lo incaselli come giusto o sbagliato, ma un significato che sia reale. Oggi, invece, il termine viene infilato in ogni discorso più o meno mediatico, più o meno serio, più o meno accettabile da chi ha tutta l’intenzione di continuare a solidificare la separazione tra uomo e donna e, soprattutto, a incentivare il senso di colpa nel maschio, oggi il colpevole per eccellenza. La verità è che mai termine fu più abusato e usato a sproposito a scopo ideologico.

LA NARRAZIONE FEMMINISTA

Gli studi femministi (o pseudo femministi) sul patriarcato oggi si stanno moltiplicando (no, non citeremo la Murgia, ne faremo decisamente a meno), ma chiaramente si accodano ad altri che sono stati prodotti fin dagli esordi della rivoluzione femminista. Scrive l’attivista radicale e politica Elena Marinucci (1928-2023) che «Le leggi non bastano per modificare la società, quando abiti culturali e atteggiamenti continuano a ribadire sfiducia per quelle donne che non rientrano nei ruoli imposti dalla cultura maschile» [Presentazione del lavoro della Commissione Pari Opportunità, anni Ottanta] . Ma quali sono questi ruoli imposti dalla cultura maschile? È presto detto: Moglie, Madre, Figlia, gli stessi che non piacciono alla Cirinnà e gli stessi che la scrittrice femminista Virginia Woolf (1912-1941) indica come nemici per le donne della sua Società delle Estranee, descritta nel saggio Le tre ghinee (Three Guineas, 1938). Secondo la narrazione del femminismo contemporaneo nelle sue varie forme, diversi studi, ricerche, rimodulazioni storiche e analisi linguistiche dimostrerebbero che il maschio (diciamo pure il patriarca bianco) avrebbe organizzato l’universo socio-culturale secondo modelli patriarcali, allo scopo di dominare la donna, per stereotiparne il ruolo, tenerla un passo indietro e impedirle di esercitare un’azione socio-politica e culturale indipendente.

LA RIVOLUZIONE DEL LINGUAGGIO

Patriarcato è prima di tutto una parola, una parola che contiene significati. Il linguaggio è centrale nella rivoluzione culturale. Il linguaggio è espressione del pensiero, è manifestazione della volontà, è significato ed è valore. Ben lo aveva compreso George Orwell (1903-1950) quando narrava della Neolingua del Partito. Il linguaggio è un mezzo per imporre nuove idee, per sradicare i valori, per rendere ovvio l’assurdo, come per esempio i segni inclusivi e non binari che negano la tradizionale sistemazione binaria dei generi maschile e femminile. Chi sostiene questa maldestra manifestazione di inclusività fa appello alla «volontà di rompere qualunque eventuale asimmetria che distingua il riferimento ai due generi maschile e femminile, intesa come discriminazione» [Accademia della Crusca, protocollo n. 265/2023 del 27/01/2023] e poco importa che anche l’Accademia della Crusca abbia risposto con una presa di distanza rispetto alla questione. L’uso di questi simboli dovrebbe sanare l’ingiustizia storico-linguistica imposta dal patriarcato, ma chiunque abbia una reale conoscenza del valore della lingua dovrebbe ben considerare che l’operazione ha uno scopo rieducativo e non inclusivo. La finalità rieducativa riguarda la popolazione presente e futura perché la lingua è legame con la realtà, cioé con il modo in cui le persone stanno nel mondo e lo interpretano. Così, semplici segni capovolti o di rottura diventano dimostrazione, per la massa, che qualcosa esiste, che l’ideologia non appoggia interessi di partito/fazione bensì la verità.

IL PATRIARCATO NEMICO

Dunque, la questione femminista si radicherebbe in un’antichissima lotta di classe individuabile nell’opposizione matriarcato-patriarcato, con prevalenza di forme ginecocratiche nei primordi dell’umanità (Baccanti, Amazzoni, streghe, sciamane), poi soppiantate in maniera violenta e repressiva dalla fallocrazia tesa allo sfruttamento e al controllo, causa della rottura degli equilibri primigeni. Addirittura, per le femministe delle prime ondate (tra Ottocento e Novecento), come spiega Mario Innaccone nel suo saggio Maria Maddalena e la dea dell’ombra, alla caduta della donna aveva corrisposto l’ascesa dalla cristianità, da cui era derivato il Patriarcato che la Chiesa aveva avuto interesse a mantenere con la tripla dottrina dell’obbedienza all’autorità, la subordinazione della donna e la colpevolizzazione femminile per il peccato originale. Il maschio è colpevole, perfino suo malgrado, di una violenza epistemica, di microviolenze patriarcali o, come ha declamato più volte la femminista americana Robin DiAngelo dalle cattedre universitarie, dell’imposizione del privilegio patriarcale che si esplicherebbe nella sua doppia natura di azione consapevole e inconsapevole; inconsapevole quando è sotto forma di cospirazione maschile inconscia. Si potrebbero enumerare decine di testi sulla questione, alcuni decisamente carichi di violenza verbale e concettuale, come quello di Ana D. Cagigas Arriazu, una sociologa che non ha problemi nel definire la famiglia tradizionale come «gruppo sociale più violento e in cui si perpetra più violenza che in qualunque altra situazione di vita sociale»; famiglia basata su un sistema di dominio e subordinazione della donna perché di stampo patriarcale e maschile [El patriarcado, come origen de la violencia domèstica, ADC Arriazu – Monte Buciero, 2000].

IL VERO PATRIARCATO

Ma il patriarcato è davvero ciò che oggi viene raccontato dal pensiero unico e dominante? No, non lo è. Se facciamo ricorso a studi di demografia storica, ci rendiamo subito conto che ha senso parlare di famiglia patriarcale fino alla fine del XVIII secolo, con riferimento alla famiglia allargata (che non è certo una definizione moderna). Nel XIX secolo si forma, invece, la cosiddetta famiglia ceppo, poi la famiglia nucleare fino alla famiglia nucleare instabile, quella di oggi, famiglia allargata e fluida nell’accezione moderna. La famiglia patriarcale vera e propria, quella cui tanti pensano o citano nel loro discorsi anti patriarcali con una una incredibile imprecisione e leggerezza, è quella latino-bizantina, che continua fino alla fine del Settecento e non oltre, circostanza storico-culturale in cui si ha il passaggio da una società agricola a una società in cui vengono introdotti elementi tecnologici, in particolare le macchine a vapore (elemento innovativo magistralmente rappresentato dal genere narrativo noto come steampunk). È l’introduzione delle prime fabbriche, così come l’applicazione delle leggi napoleoniche, a mettere fine al modello patriarcale [Cfr. Interpretazioni storiche della famiglia, di Michael Anderson; Alle origini dell’Età Moderna, di Ernst Hinrichs].

IL PATER FAMILIAS

Semplificando, la famiglia patriarcale era un nucleo affettivo, riproduttivo ed economico. A differenza di ciò che molti romanzi, film, saggi, discorsi femministi, articoli, blog – e altri fonti mediatiche – raccontano (spesso echeggiandosi a vicenda senza alcun approfondimento o verifica) il pater familias non aveva diritto di vita o di morte sui membri della famiglia, aveva certamente un ruolo di gestione e aveva autorità. Esisteva l’Istituto del Maggiorascato, per cui i beni andavano al figlio maschio più anziano e gli altri ereditavano in misura minore; le figlie avevano diritto alla dote quando si sposavano. Questo serviva a non disperdere i beni familiari, il podere o il terreno che garantivano sussistenza a tutta la famiglia allargata. Il maggiorascato era una vera e propria forma di protezione dei beni della famiglia, dell’intera famiglia, non soltanto un privilegio del padre. Chiaramente il potere del pater familias è stato estremizzato in anni di narrazione cinematografica e letteraria, in cui i padri (e gli uomini in senso generale e se intesi in modo tradizionale) sono spesso cattivi, autoritari e violenti, affetti da machismo, e così via. Curiosamente, il modello maschile che va per la maggiore nella produzione culturale Young Adult (dedicata cioè ai giovani adulti o adultescenti di oggi) è del maschio con una certa prestanza fisica, tatuaggi tribali, atteggiamento ribelle (verso la tradizione rappresentata dal padre) ma sensibile , bisessualità più o meno conclamata, e varie altre (anche qui potremmo citare decine di romanzi, serie televisive e altre produzioni di rottura con il passato e di imposizione di nuovi modelli culturali, spesso con strutture neo pagane di stampo matriarcale).

IL PATRIARCATO DELLE FEMMINISTE

Il patriarcato accusato dalle femministe, manifestazione del potere del maschio bianco, non deriva né dai modelli antichi, o al più medievali a ridosso della modernità, né dalle argomentazioni dei filosofi, economisti, politici dalla fine del Settecento fino a ridosso del Novecento, come Engels (1820-1895) o Bachofen (1815-1887), padri di quel femminismo di decostruzione e riscrittura della storia e della cultura in favore di un punto di vista femminile. Il patriarcato sotto accusa oggi è esso stesso un’invenzione culturale, germinata all’interno della ben nota Scuola di Francoforte (con tutte le sue diramazioni), che dagli Trenta ha avviato il processo di forgiatura del pensiero unico, che oggi si declina nel politicamente corretto, nella lotta al padre (e alla madre), nella dissoluzione delle radici culturali, nella reductio ad Hitlerum dell’avversario politico, nel nomadismo etico, nella fluidità sessuale [Theodor W. Adorno e Max Horkheimer, La personalità autoritaria, 1966].

LE ORIGINI DELLA SCUOLA DI FRANCOFORTE

Nata dopo il fallimento della Rivoluzione Bolscevica, ha tra i suoi membri fondatori T.W. Adorno (1903-1969), J. Habermas (1929), W. Benjamin (1892-1940), H. Marcuse (1898-1979), M. Horkheimer (1895-1973), E. Fromm (1900-1980); filosofi e pensatori marxisti delusi dalla Rivoluzione e dai suoi scarsi mezzi, motivo per cui decidono di rivedere il metodo rivoluzionario e di trasformarlo in una rivoluzione di posizione, basata sullo studio della società e sull’individuazione delle strategie più opportune per cambiarla dall’interno, fino alla rivoluzione della logica e della morale, alla dissoluzione dei valori e all’adozione dell’estetica inversa adorniana, per cui il brutto come nuova bellezza e la negazione della bellezza come unica forma d’arte accettabile (in ogni forma d’arte, anche la musica e la scrittura): «Ogni visione che tenda all’arte come compiuta armonia deve pertanto venir avversata, non solo come un miraggio, ma come un vero e proprio inganno». In pratica, la Scuola di Francoforte, fondata anche grazie a donazioni degli studenti e di privati, è una nuova strategia operativa del marxismo, in particolare una sintesi tra questo e il pensiero di Freud (1856-1939).

LA STRATEGIA AMERICANA

Quasi tutti i filosofi fondatori/membri sono di origine ebraica, dunque impressionati anche dalla forza del Nazismo e dal fatto che in Germania l’ideologia nazista si sia imposta impedendo il radicarsi del marxismo. Quando la situazione in Europa diventa pericolosa si trasferiscono negli USA, dove i membri della Scuola vanno a occupare cattedre in Università molto Prestigiose, influenzando la cultura e il pensiero delle giovani generazioni americane. Proprio negli Stati Uniti, le posizioni della Scuola di Francoforte si esprimono sempre più in contrapposizione alla morale tradizionale americana, basata su tre valori predominanti: Dio, Patria, Famiglia. La religione cristiana diventa la religione nemica della libertà, perché produce fascismo, autoritarismo, pregiudizi e tabù sessuali. La rivoluzione culturale della Scuola di Francoforte trova negli USA un alleato formidabile, un canale di rieducazione potentissimo: il cinema. Musica, industria cinematografica e sistema educativo diventano bersagli e strumenti per i filosofi della Scuola. L’obiettivo è «liberare la libido e gli impulsi sessuali» in modo da condurre le nuove generazioni verso un processo di cambiamento graduale, una rivoluzione morale tranquilla e buona [E. Michael Jones, Libido Dominandi. Sexual Liberation and Political Control, 2000].

AGENDA FRANCOFORTE

Dunque, è la Scuola di Francoforte il semenzaio delle idee fondanti dell’attuale ideologia della dissoluzione, declinabile nel femminismo radicale, nel Woke, nell’Agenda e nelle agende ideologiche che impongono il loro dettato culturale e mediatico. Sono Adorno e i suoi colleghi a impostare la rotta e a individuare con maggiore chiarezza amici e nemici, insieme agli obiettivi:

  • La ricerca del senso della vita è nell’eros
  • La sessualità è il solvente etico-morale perfetto
  • Il “padre” è il modello del dittatore
  • I ruoli “madre” e “padre” devono essere messi in discussione
  • La famiglia tradizionale ed eterosessuale è il luogo in cui nascono autoritarismo e violenza
  • Le differenze tra maschile e femminile devono essere sfumate
  • Imposizione del principio di impossibilità di conoscenza oggettiva della realtà
  • Individuazione dei centri di potere che detengono i privilegi e stigmatizzazione del privilegio patriarcale
  • Modificare il linguaggio per modificare il pensiero
  • Introdurre un relativismo culturale graduale
  • Sfocare i confini tra il Bene e il Male, fino all’annullamento di questi confini

Per approfondire: PATRIARCATO vs. MATRIARCATO. LE ORIGINI STORICHE DELLA GUERRA TRA I SESSI. MARIO IANNACCONE

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