Non si può imporre la felicità. Non si può, a lungo termine, imporre nulla. Noi non usiamo la forza! Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è un’adeguata ingegneria comportamentale.

(Skinner, 1948)

Burrhus Frederic Skinner (1904-1990) è lo psicologo forse più influente nell’abito del Comportamentismo (behaviorismo o psicologia comportamentale). Il padre del Comportamentismo è quel John Broadus Watson (1878-1958) che nel 1920 viene allontanato dall’Università John Hopkins di Baltimora a causa (ma non solo) della sua relazione adulterina con la studentessa Rosalie Rayner (1898-1935), relazione che né il rettore della John Hopkins né la moglie Mary Cover Jones (1896-1987)  gli perdonano. Watson, in uno slancio che i suoi indefessi difensori descrivono come eroico per l’epoca, abbandona la moglie e sposa l’amante, con la quale va a vivere a New York, e con l’aiuto della quale dimostra la validità delle sue teorie sulla psicologia del comportamento, usando come cavia un bambino di nome Albert per attuare su un essere umano ciò che il fisiologo russo Ivan Pavlov (1849-1936) aveva fatto con i cani. Ma Albert non è un cane, è un bambino di pochi mesi, il che non ferma Watson dal sottoporlo a stress emotivi e ambientali, come i suoni agghiaccianti usati per terrorizzalo e studiarne le reazioni al fine di manipolarle.

ALBERT LA CAVIA

La carica dei 500

Il terribile esperimento con il Piccolo Albert

Tuttavia, il piccolo Albert non è l’unico a essere osservato dalla coppia. In Studies in Infant Psychology (1928), i due riassumono il lavoro svolto su oltre cinquecento bambini in diverse fasi di sviluppo, nel quale, tra le altre cose, specificano con una certa insistenza che i genitori dovrebbero educare non con i sentimenti e le emozioni (incontrollabili) bensì con un uso ragionato degli stimoli ambientali. Del resto, Rayner e Watson allevano anche i due figli, William (1921) e James (1924), secondo principi comportamentisti, il che impone la messa al mando di ogni manifestazione di affetto. Così ai piccoli viene negata qualunque espressione affettiva o emotiva: baci, carezze, coccole. La Rayner, in particolare, non si relazione con loro come madre, evitando così che si ingeneri un certo attaccamento. Le linee guida per questo tipo di educazione trovano successo per lungo tempo grazie a Psychological Care of Infant and Child (1928), testo poi soppiantato dal ben noto Baby and Child Care (1946) del pediatra Benjamin Spock, che va in direzione opposta, guadagnandosi, addirittura, delle accuse di permissivismo, ma che è protagonista comunque di un riscontro planetario.

SKINNER DOPO WATSON

Lo sviluppo del Comportamentismo

Escluso dal mondo accademico per la relazione con l’assistente, e probabilmente anche per gli strani esperimenti con cavie umane, Watson ripiega sul marketing con grande successo, se pensiamo che, ancora oggi, il cuore della Marketing Automation porta il suo nome: intelligenza artificiale di Watson. Per chiarire il concetto, la Marketing Automation è «l’insieme di attività, tecnologie e processi che aiutano le aziende a raggiungere le persone giuste, con il messaggio giusto, al momento giusto» (NetworkDigital360, 14 giugno 2021), e si basa sull’ingegneria comportamentale. Ebbene, tornando a Skinner, egli sviluppa le sue teorie sul comportamento umano sull’onda degli esperimenti di Watson. Come è noto, lavora alla sua analisi del comportamento verbale dal 1934 al 1957, anno in cui il suo Verbal Behavior viene pubblicato. Tuttavia, il testo è il punto di arrivo dei suoi studi, ma esistono documenti che permettono di individuare le fasi intermedie della sua analisi. Negli anni Trenta e Quaranta, Skinner tiene diversi corsi su linguaggio, letteratura e comportamento alla Clark University e all’Università del Minnesota, redigendo appunti febbrili che diventano la base per un nuovo corso sul comportamento verbale, che egli attua nell’estate del 1947 alla Columbia University. Ralph Hefferline (1910-1974), professore di psicologia alla Columbia e futuro sostenitore della psicologia comportamentista, assiste alle lezioni e attraverso i suoi meticolosi appunti è possibile avere idea delle prime posizioni di Skinner sull’argomento. Posizioni che, nel giro di poco, cambiano, diventando più complesse, raffinate e radicali. Già nell’autunno di quello stesso anno, lo psicologo tiene le più sofisticate William James Lectures.

I DOCUMENTI MAI PUBBLICATI

La radicalizzazione delle idee

Skinner mentre maneggia una skinner box

Il testo noto come Manoscritto delle William James Lectures non è mai stato pubblicato, ma è importante perché fornisce un’esposizione alternativa di alcuni punti che non sono trattati negli altri suoi testi ufficiali. Nel manoscritto, Skinner afferma che: «La nostra sottomissione alla tirannia delle parole rimarrà sospettosamente masochista finché non sarà bilanciata da un impulso aggressivo verso l’azione», il linguaggio può essere compreso solo se reso attivo nell’individuazione delle sue conseguenze e nella gestione che si può arrivare a fare delle parole. Per Skinner, il linguaggio non solo può essere strumento di comprensione dei modelli di comportamento, ma può – e deve – crearne di nuovi; può essere programmato, e programmare il linguaggio vuol dire programmare la mente in modo da modificare le risposte individuali descritte in termini di comportamento. Il linguaggio, dunque, come prodotto raffinato di una sorta di disciplina del corpo.
«Le risposte verbali in questi esempi sono i prodotti di casi particolari di rinforzo. […] Noi non piangiamo perché siamo tristi o ci sentiamo tristi perché piangiamo; noi piangiamo e ci sentiamo tristi perché è accaduto qualcosa (per esempio qualcuno che amavamo è morto). […] I fatti che sono realmente responsabili di ciò che facciamo (e quindi di ciò che sentiamo) si trovano in un passato probabilmente lontano», si tratta, dunque, di condizioni ambientali, esistenti o che è possibile creare (con dei rinforzi positivi o negativi) per fare in modo che i soggetti abbiano determinate reazioni (Skinner, 2006, pp. 12-13). Creare circostanze aversive intorno al soggetto induce, secondo Skinner – che si rifà a Freud e A Pavlov – stati d’asia, paura, perfino terrore, ma :«quanto possiamo saperne di ciò che una persona sta provando, e in quale maniera ciò che essa prova può essere modificato? […] Le sensazioni si possono cambiare nel modo più facile cambiando le condizioni responsabili di ciò che viene sentito». Ma tale cambiamento, spiega, non può e non deve essere immediato, bensì opportunamente dosato.
La matrice comportamentista skinneriana va a inserirsi nel solco dell’accettazione generalizzata e acritica che il comportamentismo riceve nella prima metà del Novecento, ma lungi dall’essere poi effettivamente obliati, come più di qualcuno afferma, nei paradigmi skinneriani (così come in quelli di Watson) vanno a innestarsi numerose correnti filosofico-linguistiche successive.

L’INDIVIDUO NON ESISTE

Il comportamento come unica soggettività

Per Skinner non esiste l’individuo con la sua soggettività, l’oggetto d’indagine psicologica è «il comportamento direttamente osservabile dall’esterno», cui si legano il comportamento rispondente e il comportamento operante: «Il comportamento rispondente, tipico del condizionamento classico di Pavlov, è un tipo di apprendimento simile a quello descritto da Watson e consta di determinati legami stimolo-risposta (riflessi) che in un certo numero possediamo sin dalla nascita mentre altri vengono acquisiti tramite il processo di condizionamento. Così per Skinner dato uno stimolo, la risposta arriva automaticamente. […] Se la caratteristica del comportamento rispondente è data dal fatto che questo si verifica in risposta a determinati stimoli, il carattere distintivo del comportamento operante riguarda il fatto che esso viene prodotto dall’organismo anziché essere provocato dagli stimoli» (B. F. Skinner in psicologi e psicoterapeuti).

LA SKINNER BOX

Esperimenti fra uomini e animali

Per studiare questo tipo di comportamento, Skinner crea la cosiddetta Skinner Box (scatola di Skinner), gabbia speciale per topi munita di uno specchio per facilitare l’osservazione, e in cui è posto un pedale che, azionato da parte dell’animale, provoca l’arrivo di una ciotola contenente cibo, oppure una scossa elettrica (rinforzo positivo il primo, rinforzo negativo il secondo). Però la vera sfida non è giocare con gli animali, ma spostare l’attenzione sul comportamento umano ed essendo il linguaggio la chiave per una più diretta manipolazione del comportamento, Skinner decide che è necessario usare la narrazione per inculcare rinforzi positivi culturali. Così si espone con un romanzo utopico, Walden Two, pubblicato nel 1948. L’ambientazione è quella di società basata sul controllo metodico e ingegneristico del comportamento, attuato grazie a un sistema di ricompense opportunamente pianificato, insomma un’immensa skinner box sociale. Lo scopo dichiarato dai protagonisti del romanzo sarebbe quello di eliminare la povertà, l’oppressione sessuale e le forme di governo coercitive: «In effetti Walden Two è, per molti aspetti, il testo che più di altri illustra le radici culturali del behaviorismo, che vanno da Gabriel Tarde a Frederick W. Taylor ma, soprattutto, affondano nell’evoluzionismo darwiniano, senza il quale, probabilmente, i comportamentisti avrebbero incontrato molte più difficoltà a sostenere la continuità biologica e psicologica fra animale e uomo» (Umberto Zona, Fabio Bocci, 2018, p. 59).

IL SEGRETO DI WALDEN

Verso l’uomo nuovo

Il romanzo si ispira fin dal titolo all’utopico paradiso della disobbedienza civile di Thoureau ed è costruito su un nodo ideologico netto e ben distinguibile: perché la società del futuro sia libera dai «problemi dell’approvvigionamento energetico, della sovrappopolazione e delle guerre» è necessario attuare una manipolazione sistematica del comportamento umano, ricorrendo al cosiddetto rinforzo positivo. Per Skinner «la progettazione della vita sociale deve essere affidata a ingegneri del comportamento, gli stessi che fino a quel momento hanno condotto gli esperimenti in laboratorio sugli animali» (U. Zona, F. Bocci, p. 60). Ma perché sceglie proprio di rifarsi alla Walden esistenzialista di Thoureau? Perché la nuova civiltà cui fa riferimento non è solo un isolato mondo agreste in cui è possibile attuare teorie comportamentali radicali, è anche il nucleo di una nuova forma di società pensata per rifondare tutto il genere umano, un’utopia condivisa da altri romanzi a lui contemporanei, come I reietti dell’altro pianeta di Ursula Le Guin (2014) o La svastica sul sole di P. K. Dick (2017), e da noti intellettuali quali Robert Penn Warren, affiliato dei Southern’s Agrarian e ruralista, o Herber Feigl, tra i padri dei Minnesota Studies. Ma dietro alla scelta narrativa di Skinner c’è anche la Comune di Oneida, fondata nel 1848 da John Humphrey Noyes, una sorta di antesignana società utopica in stile hippy.

Leggi la seconda parte

BIBLIOGRAFIA

  • Burrhus F. Skinner, Difesa del comportamentismo. Saggi recenti su istruzione e personalità, Armando Editore, 2006, pp. 12.13.
  • Skinner, Walden Two Revisited, 1976.
  • J. B. Watson, Psychologist as the Behaviorist Views It, Psychological Review, 20, 1913.
  • Skinner, B.F. (1986). Walden due. Utopia per una nuova società, Firenze – La Nuova Italia (ed. or. 1948, I edizione; 1976, II edizione).
  • Dick, P.K., La svastica sul sole, Fanucci, 2017.
  • Umberto Zona, Fabio Bocci, La rete come una skinner box. Neocomportamentismo, bolle sociali e post-verità, Media Education – Studi, ricerche, buone pratiche, Vol. 9, n. 1, anno 2018, pp. 57-77.
  • B. F. Skinner, Verbal Behavior, William James Lectures, Harvard University, 1948.
  • Pedro Alexis Tabensky, What’s Wrong with Walden Two?, Rhodes University, Department of Philosophy, 2020.
  • Burrhus Frederik Skinner in psicologi e psicoterapeuti, pdf digitale, consultato a giugno 2021.
  • Watson, J. B. & Rayner, R. (1920). Conditioned emotional reactions. Journal of Experimental Psychology, 3, 1-14.
  • Watson, J. B. & Watson, R. R. (1921). Studies in infant psychology. The Scientific Monthly, 13(6), 493-515.
  • Watson, J. B. & Watson, R. R. (1928). Psychological Care of Infant and Child. New York: Norton.
  • Watson, R. R. (1930). I am the mother of a behaviorist’s sons. Parent’s Magazine & Better Family Living, 5(12), 16-18, 67-68.
  • Boakes, R. (1984). From Darwin to behaviourism: Psychology and the minds of animals. New York: Cambridge University Press.
  • Buckley, K.W. (1989). Mechanical man: John Broadus Watson and the beginnings of behaviorism. New York: Guilford Press.
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