L’orizzonte predittivo di «una società sostanzialmente stazionaria che riduca al minimo i consumi di risorse e il suo tasso di sviluppo realizzando quella che venne definita “crescita zero”».

«Crescita zero» è l’obiettivo antiumano che la rete e la connivenza di gruppi come il Club di Roma – di chiaro stampo malthusiano – hanno pianificato per decenni. Negli anni ’70 il Club di Roma, in collaborazione con l’UNEP, lanciò il suo appello verso una società globale controllata e sovranazionale, soprattutto ecologista. Anche se la loro tecnologia e la loro forza mediatica erano all’epoca meno potenti di quanto non lo siano oggi, i membri del Club diedero un enorme seguito alla loro previsione di un collasso della società; collasso per lo più individuabile nei problemi climatici e nel sovrappopolamento, causa, secondo gli esperti partecipanti ai forum del Club, di un depauperamento delle risorse del pianeta. «L’uomo è il cancro del pianeta» divenne la chiave di lettura del millenarismo apocalittico degli attivismi suscitati dall’allarme ecologico planetario scatenato dal Club. Come detto, l’appoggio giunse da varie organizzazioni, come l’UNEP: «fin dalla sua nascita nel 1972, il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) è l’autorità globale che stabilisce l’agenda ambientale, promuove l’attuazione coerente della dimensione ambientale dello sviluppo sostenibile all’interno del sistema delle Nazioni Unite e serve come un autorevole avvocato per l’ambiente globale». L’UE è a tutt’oggi partner e finanziatore dell’UNEP.

L’ALLARMISMO AMBIENTALE ALLORA E OGGI

«Quarant’anni fa, l’umanità fu avvertita: inseguendo una crescita economica sempre più grande, si stava condannando a una catastrofe. Nel 1972 il Club di Roma, un gruppo multinazionale di dirigenti d’azienda, studiosi e funzionari governativi riuniti dal magnate italiano Aurelio Peccei, espose  il caso in un breve volume intitolato The limits of Growth» (Bjorn Lomborg, 2012). Basato sulle previsioni di un’intricata serie di modelli informatici, sviluppati da ricercatori di una delle più importanti e influenti università di ricerca del mondo, il MIT (Massachusetts Institute of Technology), il libro fece scalpore e catturò l’attenzione dell’epoca; il punto esposto con più insistenza, e con toni da millenarismo apocalittico, era la convinzione che i desideri crescenti dell’umanità fossero in rotta di collisione con le risorse non infinite del mondo e che il disastro sarebbe arrivato presto. The Limits of Growth non è stata né la prima né l’ultima pubblicazione a sostenere che «la fine era vicina a causa del morbo del progresso umano», ma in molti modi è stata l’opera più letta e influente sull’argomento. Anche se oggi è per lo più dimenticato, ai suoi tempi fu un fenomeno di massa, vendendo 12 milioni di copie in più di 30 lingue, fino a essere definito dal New York Times «uno dei documenti più importanti della nostra epoca». La forza di questo studio fu incontenibile e, in parte, devastante rispetto alle aspettative di vita della società, tanto da «contribuire in modo decisivo a stabilire i termini del dibattito su questioni cruciali di politica economica, sociale e in particolare ambientale, con effetti maligni che si sono incorporati nella coscienza pubblica quattro decenni dopo» (Ibidem, p. 24).

OSSESSIONE ECOLOGICA

Donella Meadows

Lomborg non è il solo a pensare – e mettere per iscritto – che The Limits of Growth avrebbe contribuito a mandare il mondo sulla strada della preoccupazione ossessiva di rimedi sbagliati per problemi minori, ignorando preoccupazioni molto più grandi e modi ragionevoli di affrontarli. Fondato nel 1968, e dichiaratosi orgogliosamente «un progetto atto a monitorare lo stato in cui verte la società umana», il Club di Roma si era prefissato come missione il riunire le migliori menti analitiche del mondo per trovare un modo «per evitare la catastrofe cui l’uomo era destinato e della quale era la causa principale». Questo portò il Club a interessarsi al lavoro di Jay Forrester (1918-2016), ingegnere e informatico statunitense, nonché docente al MIT, che aveva sviluppato un modello informatico dedicato al monitoraggio e alla comprensione dei sistemi globali, chiamato World2, il quale permetteva di calcolare l’impatto dei cambiamenti di diverse variabili sul futuro del pianeta. Il Club nominò un team guidato da altri ricercatori del MIT – la scienziata ambientalista Donella Meadows (1941-2001) ideatrice del cosiddetto “villaggio globale” e suo marito Dennis Meadows (1942) – per creare una versione aggiornata del modello, World3, i cui risultati vennero poi presentati  in The Limits of Growth. Erano calcoli affidabili? Non molti si posero il problema: «in un’epoca così ingenua quanto a tecnologia e tanto reverenziale verso i computer, la pubblicazione in pompa magna consentì di attribuire alle argomentazioni del libro tutto il credito possibile, dando all’insieme un’aria di autorità scientifica e inevitabilità» (Ididem, p. 25) il che sembrò bandire qualsiasi possibilità di disaccordo.

IL SUCCESSO SEGUITO ALLA MASSICCIA CAMPAGNA PROMOZIONALE

Lo studio prodotto dai ricercatori pagati dal Club di Roma, quindi, ottenne un’attenzione spasmodica da parte della stampa. Science, la nota rivista scientifica, gli dedicò cinque pagine, Playboy – perfino Playboy – ne mise in evidenza le argomentazioni catastrofiche e Life si domandò se qualcuno fosse davvero pronto ad affrontare «la terribile verità» sul destino del Pianeta. Pubblicazioni come The Economist e Newsweek sollevarono qualche timida critica, ma nel 1973 l’embargo petrolifero fece clamorosamente emergere la dimensione predittiva del libro: con lo shock petrolifero e l’impennata dei prezzi delle materie prime, sembrava che il mondo si stesse avviando velocemente verso il futuro ipotizzato in The Limits of Growth: Pianeta distrutto e risorse finite. Un epifenomeno, dunque, alimentato dalla stampa, il che dovrebbe ricordarci qualcosa.

GRETA THUMBERG E I FIGLI DEL CLUB DI ROMA

L’attivista ecologista Greta Thumberg

Cinquant’anni dopo, The Limits of Growth è, come detto, quasi dimenticato, anche perché sono molti gli scienziati, economisti, ricercatori che ne hanno confutato le ipotesi e i calcoli basati su una struttura più intuitiva e politico-economica che scientifica. Eppure, il tono apocalittico, le motivazioni di fondo e, infine, cosa più tragica, l’idea che «l’uomo sua una sorta di cancro da estirpare» e che «bisogna limitare la presenza dell’uomo sul pianeta limitando le nascite» sono quanto mai attuali, rilanciate, tra l’altro, con strepitosa efficacia mediatica dal prodotto Greta Thumberg, una ragazzina svedese ipoevoluta, affetta da una forma di autismo particolare, che la rende vittima di una sorta di sindrome neurotipica da ansia climatica, e che l’ha resa perfetta testimonial eteroguidabile. Anche quelli di Greta sono proclami funesti, apocalittici, terribili volti a far preoccupare, a generare ansia, a scuotere in modo violento, soprattutto i giovani, in vista di rivoluzioni drastiche e a giustificazione, sempre più evidente, della ormai ben nota Transizione ecologica. Curiosamente, però, il Club di Roma all’inizio prevedeva per la fine degli anni Ottanta del Novecento,  tra le altre catastrofi, una nuova era glaciale, ipotizzando la visione di una Venezia circondata dai ghiacci. Oggi, con Greta, lo scenario si è ribaltato, e siamo tutti inesorabilmente condannati a «scioglierci al sole»; un calcolo che la profetessa svedese avrebbe addirittura emesso con accuratezza da oracolo di Amon: dieci anni, 257 giorni e 13 ore. Il che ci riporta anche, senza grande fatica nel salto, a certi culti neo-pagani inscenati al fine di propiziare il «ritorno a Gaia e al rispetto per la madre terra», come quelli drammatizzati in varie piazze europee da Extinction Rebellion, movimento ultra ambientalista inglese, che si firma XR, nato e cresciuto in simbiosi con l’attivista svedese:

Extinction Rebellion
Attivisti Extinction Rebellion in scena in piazza

«Ondeggiavano e cantavano. Predicavano la Fine dei tempi. “Cosa farete quando il mondo si surriscalderà, cosa, cosa?”, intonavano, evocando immagini delle fiamme infernali che secondo loro presto consumeranno l’umanità. Cantavano inni al loro dio – la scienza. “Abbiamo la scienza/ Tutto quel che ci serve/ Per cambiare il mondo/ Alleluia”, ripetevano mentre dondolavano di qua e di là. Pretendevano pentimento. “Comprate di meno, volate di meno, friggete di meno”, recitava un cartello. I cattolici pretendono solo l’astensione dalle carni il venerdì, come atto di penitenza per far memoria del giorno della morte di Cristo. Questa nuova religione pretende la fine totale del consumo di carne, come penitenza per i peccati di crescita e di progresso commessi dall’umanità. […] “Siamo in pericolo. Il livello dei mari si sta alzando… L’Africa e l’Amazzonia sono in fiamme”. Mancava solo la parola locuste» (Pietro Piccinini, 2019).

Bibliografia

  • Bjørn Lomborg, Environmental Alarmism, Then and Now: The Club of Rome’s Problem—and Ours, in Foreign Affairs, Coverage: 1922-2017 (Vol. 1, No. 1 – Vol. 96, No. 6), Published by: Council on Foreign Relations, 2012.
  • Matteo D’Amico, Apostasia Verde, ottobre 2020.
  • Thomas Pedretti, Con la scusa del clima. Oltre l’ambientalismo per un futuro consapevole, Passaggio al Bosco, 2019.
  • Klaus Schwab, Thierry Malleret, The Great Reset, Agentur Schweiz, luglio 2020.
  • Klaus Schwab, Governare la quarta rivoluzione industriale, settembre 2019.
  • Gaël Giraud, Transizione ecologica: La finanza a servizio della nuova frontiera dell’economia, EMI, 2016.
  • Limits to Growth: A Report for the Club of Rome’s Project on the Predicament of Mankind, 1977.
  • Alexander King, Edward Jay Epstei, The First Global Revolution, 1991.
  • John Coleman, Conspirators’s Hierarchy: The Story of the Committee of 300, 1976.
  • G. Bologna, Manuale della sostenibilità, Edizioni Ambiente, 2008.
  • Thomas Robert Malthus, Saggio sul principio di popolazione, Einaudi, 1997.
  • Philippe Braillard, L’impostura del Club di Roma, Presses Universitaires de France, 1982.
  • Gary Allen, The Rockefeller file, 1976.
  • Aurelio Peccei, La qualità umana, Castelvecchi, 2014.
  • Aurelio Peccei, Cento pagine per l’avvenire, Giunti – Slow Food Editore, 2018.
  • Pietro Piccini, Dopo Greta, la rivolta apocalittica di Extinction Rebellion, 10 ottobre 2019 su Tempi.It, consultato novembre 2021.
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