Quel che tiene uniti questi uomini è una fede sincera nell’onnipotenza umana. Il loro cinismo morale, la loro convinzione che tutto sia permesso sono basati sulla certezza che tutto sia possibile.
[Hannah Arendt – filosofa ebrea]

Il professor Franco Fiori, docente all’Università di Bologna, sottolinea nel suo lavoro, Tra onnipotenza umana ed eugenetica, che negli anni Sessanta, a seguito della Legge Basaglia che abolì i manicomi, la stampa riferì con una certa frequenza di affermazioni popolari, nelle quali si protestava «che il problema dei manicomi poteva essere risolto “uccidendoli tutti”, come aveva fatto la Germania nazista». Evidentemente la proposta tendeva a risolvere un doppio intoppo sociale: da un lato eliminava delle «menti pericolose», dall’altro sopprimeva degli individui per i quali era stato decretato, del tutto arbitrariamente, uno stato di infelicità in base al principio che l’imperfezione del corpo e della mente fossero di per sé necessariamente causa di sofferenza esistenziale. Ovviamente i nazisti avevano portato alle conseguenze più drammatiche ed estreme tale asserzione, ma l’idea non apparteneva – e non appartiene – solo ai nazisti. 

La Royal Society

Caterina d’Aragona ed Enrico VIII

Nel 1660 la Corona Inglese fondò la Royal Society, organizzazione politica, culturale e finanziaria il cui scopo doveva essere principalmente quello di dare un seguito pragmatico allo scisma religioso che aveva travolto la Chiesa inglese e che aveva visto contrapporsi papa Clemente VII (1478-1534)  ed Enrico VIII (1491-1547)  sulla questione del divorzio di quest’ultimo dalla moglie Caterina d’Aragona (1485-1536) e il cui motivo scatenante è passato alla storia con un nome di donna: Anna Bolena (1501-1536), concubina del sovrano inglese.  

Il nuovo pensiero liberale

La Scienza

Tuttavia, lungi dall’essere solo un love affair, lo scisma anglicano divenne un ottimo pretesto per liberare la pratica dell’usura dal «giogo morale» della Chiesa di Roma, che aveva sempre cercato di arginarne gli effetti devastanti, soprattutto per le classi più povere. Di fatto, il Lord Cancelliere e Guardasigilli Francis Bacon (1561-1626) fu fra i primi a cogliere il valore di quanto stava accadendo in patria, e ad argomentare a favore di una maggiore libertà di azione dell’individuo liberato da quelle norme morali e religiose che altro non erano se non «idola» fonte di pregiudizio e incatenamento. La Royal Society doveva servire a diffondere con maggiore efficacia il «pensiero nuovo e liberale» dissolvendo la metafisica in favore della fisica, cioè escludendo l’anima dagli affari del corpo. La scissione filosofica, culturale ed economica di corpo ed anima (che Aristotele aveva reso indissolubili nel sinolo, inteso come unione necessaria di materia e forma) condusse la società britannica all’empirismo, rendendola incapace di cogliere la realtà metafisica, e al liberalismo, rendendola capace di abolire qualunque legge morale ed etica. Quel liberalismo che in America sarebbe sfociato rapidamente nell’ideologia liberal.

Bellum omnium contra omnes

Ma se per qualcuno il liberalismo e l’empirismo potevano condurre a una forma di libertà più evoluta rispetto al passato, nella realtà dei fatti – fatti spesso edulcorati nel racconto della “storia ufficiale” – la Royal Society se ne avvantaggiò per giustificare anche scientificamente l’abbandono dei «deboli» nelle mani dei «forti». Quando Thomas Hobbes (1588-1679) affermò che «lo stato di natura prevede che esista una guerra di tutti contro tutti», argomentando in favore del bellum omnium contra omnes, dischiuse la nuova morale, forse involontariamente, alla «pirateria corsara, all’imperialismo, al colonialismo, al malthusianesimo, al liberismo… tutte quelle ideologie, insomma, che giustificano la sopraffazione del forte sul debole» (Roberto Marchesini, p. 36).

La legge del più forte

Francis Galton, in primo piano

Ma fu ancora una volta Charles Darwin (1809-1882) a dare vigore scientifico alla «legge del più forte». La fermezza filosofica assegnata alle teorie passate alla storia come darwiniane fornì la giustificazione per avviare le coscienze alla visione della società come di un immenso campo di lotta per la sopravvivenza. Ovviamente, poiché tale idea potesse effettivamente produrre i frutti necessari alla selezione dei soggetti «degni di vivere» (soprattutto in base a indici utilitaristici e produttivi) doveva intervenire una rinnovata concezione scientifica. Infatti, nel 1883 Francis Galton (1822-1911), cugino dello stesso Darwin, cominciò a lavorare in termini di eugenetica, sostenendo, intanto, che l’intelligenza fosse ereditaria. Furono questi i primi passi per arrivare a favorire la riproduzione e la nascita di soggetti «socialmente desiderabili» e di prevenire la nascita di quelli indesiderabili, oppure di eliminare i soggetti deboli.

I primi test di intelligenza

In termini di selezione degli esseri umani, la psicologia ebbe a questo punto la sua occasione, perché sembrò essere il metodo migliore e più affidabile per individuare, in modo scientifico, quegli individui che, pur non manifestando esternamente i segni di un’inferiorità pericolosa per la salute dell’intera società, potevano avere in sé, a livello psicologico e inconscio, delle tare mentali potenzialmente dannose per il benessere collettivo. 
Per misurare le capacità mentali, soprattutto dei bambini, lo psicologo Alfred Binet (1857-1911), per esempio, ideò il primo test di intelligenza, da cui un altro medico psicologo personalista, William Stern (1871-1938), avrebbe desunto il concetto di QI (Quoziente Intellettivo) poi avvalorato dagli Americani mediante il ben noto test di Stenford-Binet, messo a punto dai ricercatori dell’Università di Stanford.

Eliminare le «menti deboli»

Alfred Binet all’opera

Che i campi di applicazione della psicologia e, dunque, dei test di intelligenza e attitudinali entrassero pienamente nell’eugenetica e nella selezione razziale è ben chiaro, quando si considera il fatto che  gli studiosi americani individuarono una presunta inferiorità mentale negli immigrati italiani, nei russi, negli ungheresi, negli ebrei… Da ciò essi dedussero che non esistevano solo «individui deboli» e quindi dannosi per il benessere dell’intera società, ma anche «popoli deboli» in cui erano presenti delle tare etniche. E di fatto gli psicologi, basandosi sui presupposti pseudo scientifici e ideologici del darwinismo, diffuso anche dalla Royal Society, offrirono un ulteriore campo di applicazione all’eugenetica, giustificando così progetti governativi di selezione, con lo scopo di eliminare, o limitare la nascita, di coloro che erano ritenuti superflui per il bene comune, quei miserabili, come avrebbe detto Hugo, che non potevano trovare posto in quello che i membri della futura Fabian Society avrebbero poi chiamato Nuovo Ordine Mondiale.

Bibliografia

  • Enzo Pennetta, L’ultimo uomo. Malthus, Darwin, Huxley e l’invenzione dell’antropologia capitalistica, GOG Editore, 2017.
  • Roberto Marchesini, Le vie della psicologia. Storia e tendenze contemporanee, Sugarco Edizioni, 2020.
  • Ignace Meyerson, Psicologia storica, Nistri-Lischi, 1989.
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