Philby portò talmente ad alto livello il suo doppio gioco, che per anni fu a capo della sezione che dava la caccia ai “comunisti inglesi”, pur essendo proprio lui il più pericoloso di loro; un agente segreto in grado di trasmettere a Mosca intere valigie di materiali top secret.
[ Oleg Egorov, Russia Beyond]

Harold Adrian Russell Philby (1912-1988) aveva ricevuto dal padre, St John Philby (1885-1960), anche il soprannome di “Kim”. Il nome era tratto dal romanzo di Kipling, in cui il giovane indù protagonista, Kim appunto, diventa agente segreto e lavora per i britannici, adombrandosi come astuta pedina del Grande Gioco apertosi con il conflitto politico tra Russia e Impero Britannico nell’Asia centrale.  Il Grande gioco (The Great Game o Tournament of Shadows; in russo Turniry Teney, Torneo delle ombre) fu un’intelligente quanto sorprendente locuzione, usata probabilmente per la prima volta nel 1829, dallo scrittore e ufficiale dell’esercito inglese Arthur Conolly (1807-1842). Essa doveva individuare, in modo tattico e arguto, il conflitto che vide contrapposti Regno Unito e Russia in Medio Oriente e Asia centrale nel corso di tutto il XIX secolo, facendo però riferimento soprattutto all’azione delle rispettive diplomazie e dei servizi segreti.
All’epoca in cui scelse il soprannome per il figlio, seguendo la sua passione letteraria, John Philby non poteva ancora sapere che il Grande Gioco, termine che il romanzo di Kipling rese popolare, sarebbe stato anche il destino del suo Kim, il quale lo avrebbe anzi portato a dei vertici impensabili per i britannici.

Al Trinity College

Guy Burgess

Il legame fra i due Philby, padre e figlio, non fu affatto facile. Kim aveva paura del vecchio John, un avventuriero, anarchico e filo hitleriano, un appassionato di belle donne al punto di arrivare a convertirsi all’Islam per poter praticare una «sana poligamia», che sarebbe diventata un’abitudine anche del figlio. Nel prestigioso Trinity College (fondato da Enrico VIII nel 1546), che frequentò a Cambridge da ragazzo, Kim dimostrò sempre poca attitudine per lo studio, raggiungendo risultati mediocri, manifestando un’indole instabile e comportandosi come un soggetto represso e sconfortato. Eppure, egli riuscì ad attirare l’attenzione di Guy Burgess (1911-1963) un bellissimo ragazzo «di statura piuttosto alta, snello e agile, il volto ben disegnato, una bocca sensuale, grandi occhi luminosi, i capelli morbidi e ricciuti» (E. H Cookridge, Storia dello spionaggio, 1973). Rampollo di buona famiglia, come si diceva un tempo, Burgess amava far parlare di sé, provocare scandalo e arringare i docenti, ragion per cui non provò mai nemmeno a nascondere la sua spiccata omosessualità e si dichiarò più volte apertamente marxista, anche se di Marx e Lenin, probabilmente, quasi nessuno aveva le idee chiare al Trinity.

Un trio di comunisti

Donald MacLean

Il fascinoso Burgess scelse Kim Philby, un ragazzo scialbo, modesto e con una forte balbuzie, come oggetto delle sue attenzioni, legandosi strettamente a lui in un’amicizia che, sebbene non avesse nulla di erotico, fu comunque molto intensa. Solo dopo, alla coppia si unì un terzo personaggio, Donald Duart MacLean (1913-1983), un po’ efebico, estremamente intelligente e, soprattutto, irrimediabilmente affascinato da Burgess, con il quale condivideva anche le tendenze omosessuali, oltre alla passione per il marxismo. I tre restarono uniti e vicini fino al 1933, anno in cui Philby si recò a Vienna, dove cercò fin da subito di trovare strategie di opposizione al nazismo. Inizialmente raggiunse i «desperados» nelle fogne di Vienna, dopo la violenta repressione dell’insurrezione socialcomunista, nel 1934.
Philby, che in qualità di giornalista britannico avrebbe potuto trovare altre vie di uscita, se la cavò da solo, riuscendo ad aiutare gli ultimi oppositori sopravvissuti, ai quali procurò perfino vestiario e cibo.

L’inizio del Grande Gioco

Probabile foto di Arnold Deutsch

Proprio durante il suo soggiorno a Vienna, Philby venne avvicinato da Arnold Deutsch (1904-1942), un agente dell’Intelligence sovietica, il quale, sfruttando la sua militanza comunista, lo convinse che lavorando come agente del controspionaggio britannico avrebbe potuto aiutare il comunismo facendo il doppio gioco e passando informazioni all’Unione Sovietica. 
Kim accettò,  e iniziò la sua carriera di “talpa”, procurandosi una copertura  già come corrispondente del The Times,  ovvero nascondendo le sue vere idee politiche e manifestando simpatia per il regime franchista. Nel frattempo, quella che sarebbe passata poi alla storia come «empia Trinità», ovvero il trio Philby, MacLean e Burgess, si era ricongiunta a Londra, dove Burgess e Maclean, che già condividevano le idee politiche dell’amico, iniziarono a entrare, come lui, nel Grande Gioco della Guerra fredda.

Leggi la seconda parte

 

Bibliografia

  • Storia dello spionaggio, vol. 7: La guerra permanente, a cura di Enzo Biagi, Istituto Geografico De Agostini, Novara, 1973.
  • Kim Philby, My Silent War, Modern Library, 2003
  • Ben MacIntyre, con introduzione di John Le Carrè, A Spy Among Friends: Kim Philby and the Great Betrayal, Crown Pub, 2015.
  • Edward Harrison, The Young Kim Philby: Soviet Spy and British Intelligence Officer, Liverpool Univ Pr, 2012.
  • Peter Hopkirk, Il Grande Gioco. I servizi segreti in Asia centrale, Adelphi, 2010.
 
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