Chi è Sigmund Freud (1856-1939), o meglio, che cosa ha significato la sua presenza nel Novecento? Apparentemente la risposta potrebbe essere piuttosto semplice, ma non è così, non lo è perché la vita di questo medico e filosofo ebreo ha avuto in sé delle pieghe e delle intercapedini di difficile interpretazione.  Egli è, non a caso, considerato il padre della psicoanalisi, e infatti la scienza che ha contribuito a varare con tanta autorevolezza e influenza ha, come lui, molti lati oscuri.

Sete di successo

È ben noto che Sigismund (il quale cambiò il suo nome ebraico nel più tedesco Sigmund per evitare problemi)  decise di apporre in esergo a quello che sarebbe diventato il suo testo più famoso, L’interpretazione dei sogni (1899), una frase tratta dal Canto VII dell’Eneide, e che Virgilio pose sulle labbra di Giunone, adirata per non essere stata soccorsa dalle altre divinità e per questo decisa a chiedere l’aiuto di altre forze ultraterrene: «Se non posso muovere le potenze del cielo, solleverò quelle dell’inferno» (Flectere si nequeo superos, Acheronta movebo). Ma perché Freud, come Giunone, avrebbe dovuto aver bisogno di smuovere le forze degli Inferi per ottenere il successo ai suoi studi?
Nonostante l’influenza che avrebbe largheggiato negli anni a venire, L’interpretazione dei sogni all’inizio non ebbe chissà quale credito presso il pubblico (e gli esperti), anzi, in ben otto anni andarono vendute solo seicento copie. Ma questo era un dato post pubblicazione. Forse a preoccupare il medico austriaco era il fatto che le profezie sulla sua fama futura, quelle che fin da bambino la madre gli aveva fatto presenti come premonizioni di una vecchia contadina, la quale aveva indicato nel nuovo nato un futuro «grand’uomo», e di un «poeta» di strada che le aveva confidato che il ragazzino sarebbe diventato un «uomo influente», non si fossero ancora avverate.

Profezie di «strada»

Come riferisce Roberto Marchesini nel saggio Le vie della psicologia (2020), all’epoca dei fatti, siamo nella seconda metà dell’Ottocento, diversi curiosi personaggi , soprattutto nell’Europa centro-orientale, vagabondavano per le strade di città e paesi improvvisando profezie e «versi poetici» per guadagnarsi dell’elemosina, ma evidentemente Freud e la madre dovettero prendere molto sul serio quelle premonizioni e Sigismund si convinse di avere davanti un roseo futuro di grande successo e fama; fama alla quale egli non smise mai di aspirare e in assenza della quale alimentò delle straordinarie aspettative: fu questo a spingerlo a rivolgersi alle «forze infere»?

La relazione con Fliess

Freud e Fliess

Nella sua carriera inseguì con particolare ambizione questo «predetto successo» spendendosi in vari campi più o meno alla moda nei salotti europei: spiritismo, elettroterapia, studi sull’isteria, ipnosi, idroterapia, ma anche uso di droghe. Tuttavia la «grandezza predetta» stentava ad arrivare. La svolta si concretizzò nel 1887, periodo in cui il medico austriaco entrò in contatto con Wilhelm Fliess (1858-1928), un chirurgo tedesco con il quale instaurò una relazione molto intensa (secondo Ennio Innocenti tale relazione era di natura anche omosessuale) e mediante il quale entrò in contatto con la numerologia cabalistica e l’esoterismo ebraico, del quale «l’interpretazione dei sogni» era, per l’appunto, uno degli aspetti più importanti.

B’nai B’rith

«Se ci sarà concesso qualche altro anno di lavoro tranquillo, certamente lasceremo entrambi qualcosa che possa giustificare la nostra esistenza», scrisse Freud a Fliess nella lettera datata 2 aprile 1896, concentrandosi, ancora una volta, sulla necessità per lui di «esistere come qualcuno che lascia un segno nella memoria collettiva». E proprio per inseguire questo sogno, probabilmente, il padre della psicoanalisi si avvicinò al Berakhòt (Benedizioni, il Talmud babilonese dedicato proprio all’interpretazione dei sogni) e, nonostante si fosse formalmente distaccato dall’ebraismo, nel settembre del 1897 aderì alla loggia viennese della B’nai B’rith, della quale in quegli anni nulla era «esposto al pubblico». Stando al racconto di Emmanuel Ratier, la B’nai B’rith (I figli dell’Alleanza) era la più potente massoneria ebraica, e fu fon­data al Caffè Sinsheimer (quartiere di Wall Street, New York) nel 1843.  Si tratta certamente della più antica, più diffusa e senza dubbio la più influente organizzazione ebraica internazionale, della quale fu membro, oltre a Sigmund Freud, Albert Einstein (1879-1955). 

L’innocente perverso

Il legame con l’esoterismo ebraico influenzò il lavoro di Freud? Di certo il medico scrisse: «Se l’uomo distoglierà dall’aldilà le sue speranze e concentrerà sulla vita terrena tutte le forze rese così disponibili, riuscirà probabilmente a rendere la vita sopportabile per tutti e la civiltà non più oppressiva per alcuni», ma per far questo bisognava dare all’inconscio e al suo potere la prevalenza, imparando a vivere, come ebbe a scrivere Nietzsche, filosofo amato e al tempo stesso rinnegato da Freud, «al di là del bene e del male». In definitiva, l’uomo freudiano, con le sue pulsioni, i suoi complessi, il desiderio irrisolto di incesto, i tabù sessuali inappagati e inappaganti è un «innocente perverso», il tipo psicologico che avrebbe imperversato dal Novecento in poi, grazie alla pratica psicologica e interpretativa inaugurata proprio da Freud e giustificata dalla nuova pseudo scienza: la psicoanalisi.

Bibliografia

  • Roberto Marchesini, Le vie della psicologia. Storia e tendenze contemporanee, Sugarco Edizioni, 2020.
  • Emmanuel Ratier, Misteri e segreti del B’naï B’rith. La più grande organizzazione ebraica internazionale, Centro Librario Sodalitium, 1900.
  • S. Freud, Epistolari. Lettere a Wilhelm Fliess 1887-1904.
  • Ennio Innocenti, La psicoanalisi di Freud e Jung. Una critica epistemologica, Leonardo da Vinci, 2018.
  • Pierluigi Moressa, Sigmund Freud. Ipotesi sul mondo occulto, Foschi Editore, 2008.

 

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