Édouard Dujardin: l’iniziatore del monologo della dissoluzione

Édouard Dujardin

Annonciateur de la parole intérieure (Annunciatore del verbo interiore): così lo scrittore dublinese James Joyce (1882-1941) definì Édouard Dujardin (1861-1949), dedicandogli quella che sarebbe poi diventata la sua opera più famosa: l’Ulisse (1922). Dujardin gli restuì prontamente il favore, intitolandogli il suo romanzo Les lauriers sont coupés (I lauri senza le fronde), una miscela di ironia, erotismo, simbolismo e retorica della dolcezza del peccato tipica di certi romanzetti erotici popolari. Ma Les lauriers sont coupés è considerato a tutt’oggi il primo esempio di utilizzo della tecnica intimista e modernista del monologo interiore, fu pubblicato nel 1887 sulla rivista La Revue indépendante, fondata nel 1884 da Félix Fénéon (1861-1944) anarchico e sostenitore appassionato del simbolismo artistico.

Fu proprio sotto la direzione di Édouard Dujardin e di Gustave Kahn (1859-1936) – dal 1886 al 1889 – che La Revue indépendante divenne l’organo ufficiale per la diffusione delle idee simboliste; una delle più importanti petites revues dell’epoca, insomma, che spiccò per tendenze rivoluzionarie e moderniste e che ebbe un’enorme influenza presso gli intellettuali di fine Ottocento e primi Novecento, annunciando il verbo del simbolismo: la sola ragione «capace di designare la tendenza dello spirito creativo dell’arte», il tutto tendente, ovviamente, a certi filoni esoterici e a certe idee di dissoluzione dei valori tradizionali – fede e famiglia in primis.

I fiori maledetti

Der Kuss
Der Kuss, Peter Behrens, 1898

Del resto, la ricerca simbolica fu una delle micce del movimento artistico austro-tedesco noto come Jugendstil, (da Jugend, la rivista fondata a Monaco nel 1886, ed  equivalente dell’Art Nouveau) che contribuì al diffondersi di un nuovo linguaggio e nuovi valori; un potente fertilizzante per quei fiori maledetti che sbocciarono a ripetizione, ibridandosi l’uno con l’altro: Odilon Redon (1840-1916), Marcel Proust (1871-1922), Giovanni Segantini (1858-1899). È la linea della perversione e della dissoluzione (dell’arte, del romanzo, della società fino a quel momento conosciuta) che da Baudelaire (1821-1867) portò a Oscar Wilde (1854-1900) e a Aubrey Beardsley (1872-1898); da Mallarmé a Édouard Dujardin, e poi Henry James (1863-1916), James Joyce, Virginia Woolf (1882-1941)…

Fu l’affermarsi di temi che suonavano sempre meno come scandali e sempre più come diritti, come quello della donna feconda nella depravazione contrapposta alla donna fedele; la donna fedele il cui destino Henrik Ibsen (1828-1906) tratteggiò nelle figure femminili che «mantendo la mano in quella dei loro uomini vanno incontro a un futuro orribile». Del resto, come ricorda Walter Benjamin, nello Jugendstil «il motivo della perversione e quello dell’emancipazione si uniscono, simbolicamente, nel vessillo gigliato dell’amore puro che non conosce né gravidanza né famiglia» e che si esprimeva al meglio nelle lesbiennes. Misticismo, perversione, emancipazione i temi centrali di parte di quella rivoluzione artistica, culturale e sociale, cui scrittori come Édouard Dujardin vollero consapevolmente contribuire.

La dissoluzione dei valori

Il monologo interiore
Monologue Intérieur, 1931.

Dunque Édouard Dujardin, l’inventore del monologo interiore (che poi riprese in modo sistematico nel suo lavoro post-joyciano del 1931 Monologue Intérieur), la tecnica narrativa che forse più di tutte mostra il collegamento fra romanzi simbolisti e scrittura post-modernista, apparteneva alla generazione di Laforgue (1860-1887) e dei primi simbolisti, poète maudit, che erano soliti riunirsi a Rue de Rome sotto la tutela di Stéphane Mallarmé (1863-1869) e di Paul Verlaine (1844-1896). Ammiratore di Wagner, e segretamente della politica hitleriana, fondò nel 1885 la Revue wagnérienne. Vestiva come un dandy, aveva decine di amanti, che incontrava e frequentava durante la sua instancabile vita notturna parigina, in cui l’unica regola era, spesso, il condurre uno stile di vita provocatorio e autodistruttivo (in particolare consumando alcol e droghe); e in cui il nuovo verbo doveva incarnarsi in un linguaggio oscuro e sovversivamente simbolico.

Bibliografia

  • Remy de Gourmont, Les Petites revues, Essai de bibliographie; Préface par Remy de Gourmont. Paris: Edition de la revue biblio-iconographique, Librairie du Mercure de France, 15, rue de l’Echaudé, Paris, 1900, pp. 26-27.
  • Walter Benyamin, Charles Baudelaire. Un poeta lirico nell’età del capitalismo avanzato, Neri Pozza, 2012.
  • La cultura del romanzo, Einaudi, 2001.
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