Da decenni si alternavano, sulle scena italiana, varie formazioni di tipo massonico spesso derivate almeno ideologicamente dagli Illuminati di Baviera, le più note fra le quali sono la Carboneria e l’Alta Vendita. Moderate nei programmi che lasciavano apparire all’esterno, di queste società venivano svelati gli scopi autentici soltanto durante i rari processi che ne scoperchiavano i veri intenti; i quali, non di rado, erano di tipo democratico-comunistico. Per almeno un ventennio, il «grande vecchio» delle cospirazioni e del terrorismo della prima metà dell’Ottocento fu Filippo Buonarroti (1761-1837) cui successe Giuseppe Mazzini che non fu secondo al Buonarroti nei tentativi di insurrezione, atti terroristici e assassinii.

LA MUMMIA DI MAZZINI

Una rivoluzione italiana

L’estrema fase del processo rivoluzionario conosciuto come Risorgimento, e che più correttamente sarebbe definito come Rivoluzione italiana, iniziò con la fondazione della loggia massonica “Ausonia” di Torino nell’ottobre del 1859 cui seguirono, a distanza di pochi mesi le une dalle altre, le fondazioni dell’obbedienza denominata Grande Oriente d’Italia, sempre a Torino e quindi a Napoli (1860) e Palermo (1861). Garibaldi divenne Gran Maestro dell’Oriente italiano nel 1864 mentre a Mazzini fu concesso il titolo di Gran Maestro ad honorem. Unificherà le varie tendenze massoniche nel 1887 Adriano Lemmi, che aveva partecipato alla Repubblica Romana e aveva finanziato l’impresa di Carlo Pisacane. A Lemmi succederà Ernesto Nathan (De Mattei R., Le società segrete nella rivoluzione italiana, pp. 127-151).

LA MUMMIA DELLA REPUBBLICA

Simbologia del potere

Nonostante il momentaneo accantonamento del suo progetto repubblicano e il sostanziale fallimento dei suoi disegni, troppo arditi o troppo impudenti, Mazzini fu tenuto in grandissima considerazione dall’élite rivoluzionaria italiana. Sicché la sua morte, ancor più della sua vita, fu un momento di grande pregnanza simbolica. Si deve al libro di Sergio Luzzato La mummia della repubblica. Storia di Mazzini imbalsamato il recupero dell’attenzione su un episodio minore posto all’estremo lembo dell’esistenza di Mazzini ma in realtà carico di una densissima rilevanza simbolica. Il libro dello storico genovese contiene la rievocazione di questa morte memoranda e la ricostruzione della scena dei fedeli e dei collaboratori di Mazzini, assiepati attorno al capezzale di colui che veniva apostrofato retoricamente l’«apostolo». 

LA MORTE

E i gran maestri

La morte colse Mazzini a Pisa il 10 marzo 1872 in casa di Jeannette Sara Rosselli figlia di Sarina Rosselli. La famiglia Rosselli (la stessa cui appartennero i fratelli Carlo e Nello) l’aveva protetto negli ultimi anni in Inghilterra e Italia. Mazzini, come è ormai noto, girò l’Europa per un certo periodo sotto le spoglie del rabbino Sabato Morace – i Rosselli erano israeliti – e dell’inglese «signor John Brown». Delle generosità dei Rosselli Mazzini approfittò, e morì proprio tra le braccia di Sara Levi Nathan, moglie del banchiere Nathan nella casa in cui l’esule aveva trovato consolazione dalle sue amarezze di profeta. Sarah Nathan Rosselli, forse, gli aveva dato un figlio, quell’Ernesto Nathan che ne continuerà gli ideali e che sarebbe assurto alla dignità di Gran Maestro del Grande Oriente e di primo sindaco di Roma dopo Porta Pia.

IL SANTO LAICO

E i discepoli disobbedienti

Nell’ultimo periodo, ci ricorda Luzzato, Mazzini era sfiduciato perché la causa repubblicana era stata sconfitta da quella monarchica. L’Italia aveva conquistato l’Unità, aveva strappato lo Stato Pontificio al «metro cubo di letame», – così Garibaldi aveva apostrofato il papa – ma non era diventata repubblicana e questo lo addolorava.
Mazzini moriva subito dopo la conquista dell’Unità per diventare il primo «santo laico» del nuovo stato. Il suo sogno repubblicano diverrà realtà il 2 giugno del 1946, dopo un sonno di 74 anni nel suo tempietto, a Genova. Fu allora, quando l’Italia divenne una repubblica democratica, che alcuni dei suoi discepoli pensarono fosse venuto di far vedere la luce alla vecchia mummia della Repubblica; attenderanno beninteso il 20 giugno del 1946. In quel giorno simbolicamente forte, il solstizio d’estate, l’apostolo ora trasformato in mummia rivedrà la luce per qualche ora, prima di essere nuovamente seppellito questa volta per sempre.

UNA QUESTIONE SPIRITUALE

La religiosità mazziniana

Non vogliamo qui toccare le vicissitudini politiche di Mazzini e nemmeno le sue idee religiose, ma si concentra, piuttosto, sulle motivazioni di coloro che decisero di trasformarlo in «mummia» e sulla simbologia, palese e nascosta, di questi eventi che paiono nascondere molto e aver ceduto ancora poco del loro intimo significato. Lasciamo sia Luzzato ad introdurci al racconto dell’esistenza post mortem dell’«esule», e del trattamento del suo cadavere. Come spesso in questi casi, i discepoli non rispettarono le ultime volontà del maestro. Non per nulla, il «profeta» era amareggiato dalla loro scarsa attenzione per la questione spirituale:

«Quel che aveva contribuito a scavare un solco fra Mazzini e i suoi seguaci era stata la religiosità mazziniana: la convinzione – granitica nel maestro, fragile in tanti discepoli – che la religione fosse un elemento indispensabile per la rivoluzione, e che la fede in Dio costituisse il fondamento di ogni buona politica. Cristiano senza Chiesa, Mazzini si era scoperto circondato da una pletora di atei (…) I materialisti vantavano di non riconoscere dogma alcuno; volevano vivere e combattere con i piedi per terra, per l’aldiquà piuttosto che per l’aldilà; si dicevano indifferenti al destino dell’anima dopo la morte (…) All’opposto, Mazzini aveva coltivato sino all’ultimo la religione non soltanto delle opere terrene, ma della retribuzione divina delle azioni umane. Aveva creduto nell’immortalità dell’anima e anche, forse, nella reincarnazione dei morti».
(Luzzato S., La mummia della repubblica. Storia di Mazzini imbalsamato, pp. 14-15).

Per descrivere la religiosità di Mazzini, ma sarebbe meglio parlare di spiritualità, si usano parole vaporose in buona parte a causa dello stessa vaghezza nutrita dal «profeta» sulla questione. I suoi discepoli più diretti e fedeli, Aurelio Saffi e Federico Campanella, infatti, non sapevano bene come interpretare la religiosità mazziniana, quale peso dargli e come esattamente dovesse essere espressa nel programma politico (Comba A., La cifra massonica del carbonaro Mazzini, giugno, pp. 148-151). Mazzini credeva nella reincarnazione e nella teoria del karma. In ragione di ciò, parlare di un «cristiano senza Chiesa» non ha senso per il semplice fatto che Mazzini non fu un cristiano (il termine è storicamente preciso e non lo si può impiegare per chiunque nutra una pur vaga simpatia per Gesù Cristo) fu forse un deista o più probabilmente – a questa ipotesi portano molte sue pagine – un panteista (Il risorgimento esoterico. Storia esoterica d’Italia da Mazzini ai giorni nostri, pp. 23-30. L’Autrice intitola infatti il capitoletto dedicato a Mazzini:Mazzini profeta della reincarnazione). I suoi discepoli però erano spesso degli atei dichiarati e comunque dei materialisti.

IL MISTERIOSO ITER DELLA MUMMIFICAZIONE

Mazzini da vivo era poco pragmatico, intendeva scorciare i tempi saltando a piè pari da Monarchie e Principati a Repubblica. D’altronde le sue frequentazioni con i più radicali fra i profeti della nuova Europa non potevano suggerirgli altre strade. Ma i suoi avevano diffuso di lui un’immagine agiografica, una delle prime accorte gestioni di un rivoluzionario di professione, che aveva fatto breccia in una parte della popolazione patriottica italiana. Quando morì i seguaci decisero che bisognava continuare quella gestione accorta in modo che la salma non fosse utile soltanto alla propria parte ma a tutta la causa liberal-risorgimentale.
L’insolita durata della permanenza della salma di Mazzini in casa Nathan fa intuire quanto importante fosse per quegli uomini, nell’economia simbolica di quei giorni, l’ostensione del defunto. La morte dell’apostolo tre anni dopo l’anticoncilio di Napoli, poco dopo la presa di Roma, era occasione troppo importante per quell’élite laica che aveva preso il potere da poco, aiutata da forze straniere, e che certamente non era né amata né seguita dal popolo. Così i delegati di varie organizzazioni massoniche, davanti al feretro di Mazzini, mentre la chimica fatale del corpo lavorava e iniziava l’improcrastinabile putrefazione, cercavano una soluzione di impatto. Ma la decisione non doveva essere facile, trovare l’accordo non fu cosa di poche ore ma di tre giorni, dalla mattina del 10 marzo alla sera del 13. Un tempo troppo lungo per un cadavere esposto alla temperatura primaverile di Genova.
In quei giorni la Fratellanza artigiana fiorentina lo reclamava per dargli adeguata pompa mentre la Società di Mutuo Soccorso genovese brigava per allestire la ritualità funebre al cimitero Staglieno (La mummia della repubblica, p. 18.). Quali preghiere, quali rituali furono eseguiti in quei giorni, se pure furono seguite? A quale scenografia funebre si stava pensando? La storiografia, sempre accorta a passare sotto silenzio il fatto che i padri risorgimentali fossero una minoranza che conduceva una guerra di religione, non ci hanno lasciato nulla in proposito.

Autore: Mario A. Iannaccone
Fonte: Lidenbrock “Oltre il romanzo, dentro la storia”.

BIBLIOGRAFIA

  • De Mattei R., Le società segrete nella rivoluzione italiana, in AA.VV La Rivoluzione italiana. Storia critica del Risorgimento, cur. Viglione M..
  • Luzzato S., La mummia della repubblica. Storia di Mazzini imbalsamato, Rizzoli, Milano 2001.
  • Comba A., La cifra massonica del carbonaro Mazzini, giugno, «Hiram», 1990.
  • Gatto Trocchi C., Il risorgimento esoterico. Storia esoterica d’Italia da Mazzini ai giorni nostri, Mondadori, Milano 1996.
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