Non esiste libertà senza responsabilità.
Viktor Emil Frankl

Wilhelm Reiche

La cosiddetta prima scuola viennese, dedicata alla psicoanalisi, aveva fondato su Sigmund Freud (1856-1939) il proprio impianto disciplinare, teorico e pratico. Freud si guadagnò fama, più o meno tardiva rispetto alle ossessive speranze, d’essere il “padre” della psicoanalisi, in quanto primo teorizzatore (o meglio sviluppatore) di un’interpretazione psicologica volta a identificare e risolvere le «sindromi nevrotiche», per le quali cercò di ricavare un metodo di trattamento, anche se Wilhelm Reiche (1897-1957), a lungo discepolo e ammiratore di Freud, denunciò a più riprese «l’incapacità terapeutica della psicoanalisi», accorgendosi fin da subito di come la «dottrina freudiana originaria» secondo la quale la psicoanalisi avrebbe dovuto revocare il disturbo, si era rapidamente trasformata in un impianto possibilista e ideologico, più che medico. Certo, Reiche fu anche quello che affermò che la felicità delle persone è solo e soltanto nell’appagamento sessuale e che «a impedire la felicità delle persone (cioè l’orgasmo) non è un’istanza psichica […] bensì l’intera organizzazione sociale», teorizzando come soluzione una profonda rivoluzione culturale in chiave sessuale (Marchesini, 2020).

Le alternative a Freud

Sigmund Freud

Ma tornando a Freud, i suoi studi avevano aperto alla maggiore conoscenza della psiche, arrivando a indagare la mente umana, cercando spiegazioni sui fenomeni sociali e culturali: si trattava, quindi, di interessarsi alla «natura dell’uomo», non solo al suo benessere psicologico. Sorvolando qui su quanto sia leggendaria questa visione del lavoro di Freud, spesso fatto oggetto di venerazione più che di oggettiva analisi storiografica e biografica, è ben noto, comunque, che coloro che lo frequentarono più da vicino, come allievi o come colleghi, finirono spesso per dissociarsi dal suo modo di operare, denunciandone contraddizioni, ipocrisie, strutture ideologiche che finivano per accreditare solo una visione spasmodica, ossessionata e ossessionante della mente e del ruolo della psiche nei fatti. Poca obiettività e tanta soggezione avrebbero con il tempo alimentato un’immagine non realistica del medico austriaco, relegando spesso le critiche in ambiti accademici sotterranei (Ernest Jones, 1953).

Gli altri “padri” della psicoanalisi

Viktor Frankl

Tuttavia, ancora oggi i «dogmi di Freud» (così come quelli di Jung o Hillman dopo di lui), messi allora abilmente a dimora nel subconscio sociale, sono radicati come fossero  assiomi indiscutibili. Eppure, storicamente sono rintracciabili chiare opposizioni a tali dogmi, come, per esempio, nella dissenziente Terza Scuola Viennese, avviata da Viktor Frankl (1905-1997), psicologo e psichiatra, noto anche come il teorico della logoterapia. Di origini ebraiche, ma poi diventato ateo come tanti altri giovani ebrei mitteleuropei, Frankl subì la brutale persecuzione nazista, che lo portò a vivere l’esperienza della reclusione in quattro differenti campi di concentramento. Dall’ultimo, Auschwitz, fece ritorno come unico sopravvissuto della famiglia (la moglie Tilly Grosser era stata uccisa a Theresienstadt, insieme ai genitori e al fratello di Frankl, nel 1942). Ma prima di questi drammatici avvenimenti, egli era entrato in contatto, alla Facoltà di Medicina di Vienna, con due eminenti e carismatiche personalità: Freud, appunto, e Alfred Adler (1870-1937). Anche lui viennese ed ebreo, dopo la laurea, raggiunta con mediocri risultati, Adler aveva abbracciato correnti di pensiero «estremiste e rivoluzionarie»: materialismo, socialismo trotskista, femminismo. Ciò lo aveva condotto ad interessarsi principalmente di «medicina sociale», arrivando a sovrapporre alla professione medica quella di «educatore del popolo» (Marchesini, 2020).

Una diversa psicoanalisi

Rudolf Allers

Nonostante i rapporti con Freud e la sua permanenza nella Società Psicoanalitica di Vienna, Adler fu esautorato proprio per le idee rivoluzionarie, che sfociarono, a detta dei colleghi, in paranoie, manie di persecuzione, psico labilità, anti-sessualismo: il tutto non poteva certo collimare con il pansessualismo freudiano, che poneva l’istinto sessuale a basamento di ogni comportamento umano. Fondata così la Seconda Scuola Viennese di psicologia, quella adleriana, in essa confluirono diversi ex-allievi o colleghi di Freud, fra cui, appunto, Viktor Frankl, che in un primo momento trovò gratificazione nella psicologia di stampo individuale di Adler. Ma, visti i presupposti, la relazione professionale fra i due non poteva durare. Oltretutto, frequentando gli alderiani, Frankl era presto entrato in contatto con un altro psicologo, ben diverso dai primi due maestri, Rudolf Allers (1883-1963), cattolico e tomista, i cui interessi filosofici (oltre che le competenze mediche) andavano ben oltre gli infecondi serragli delle teorie freudiana prima e adleriana poi. Ma benché la frequentazione di Allers risultò essere immediatamente arricchente, soprattutto in termini spirituali e umani, secondo alcuni biografi fu anzitutto l’esperienza nei campi di concentramento a ispirare a Frankl una psicoterapia del tutto diversa da quella dei suoi colleghi, percorso che ebbe come probabile punto di partenza il suo libro di memorie Uno psicologo nei lager (Ein Psychologe erlebt das Konzentrationslager, 1946), e come nodo centrale l’esigenza di una «analisi esistenziale» del significato della vita (logos), da cui il nome di «logoterapia». Il «metodo frankliano» consisteva, quindi, nel porre il paziente al cospetto della questione del senso della propria esistenza: non si trattava più di analizzare pulsioni insoddisfatte o istinti inconsci, bensì di aiutare il paziente a ritrovare «la fiducia nella sensatezza della propria esistenza singola e nella dignità della propria persona».

L’autotrascendimento

Per Frankl, che qualcuno amò definire per questo cristiano in pectore, il significato ultimo dell’esistenza umana non poteva essere espresso in un ripiegamento dell’uomo verso il proprio io, generando così un super-io o un anti-io, ma doveva essere cercato nel proprio autotrascendimento, nella relazione con l’esterno, nell’apertura verso gli altri uomini e verso «la cura personale e sociale», ancorando i significati ultimi a valori, soprattutto religiosi (trascendenza), condivisi e condivisibili. Solo così: «Il dolore si può trasformare in prestazione, la colpa in elevazione, la transitorietà dell’esistenza umana in stimolo per un agire responsabile».

Sfuggire al tumulto

Frankl è stato un critico sensibile e raffinato della modernità, nella quale egli vedeva un pericoloso nichilismo e un vuoto esistenzialismo, colpevoli potenziali di ogni forma di disperazione e di disprezzo della vita umana. L’uomo che tenta di «sfuggire al vuoto e alla desolazione che ha nel cuore gettandosi nel tumulto» non potrà che abbandonarsi a un’evasione fine a se stessa, totalmente priva di soluzioni (Eugenio Fizzotti, 2012). La cura per «l’eccesso di vuota libertà», di contro, non può che essere la responsabilità; e la responsabilità non può che generarsi dal riconoscimento del valore della vita umana, indipendentemente dalle condizioni esteriori e dalle circostanze.

Vai alla prima parte

Bibliografia

  • Roberto Marchesini, Le vie della psicologia. Storia e tendenze contemporanee, Sugarco Edizioni, 2020.
  • Ernest Jones, The Life and Work of Sigmund Freud, 3 vols. (New York: Basic Books, 1953-1956).
  • L. Salzman e I. H. Masserman, ed., Modern Concepts of Psychoanalysis (New York: Philosophical Library, 1962).
  • Rudolf Allers, La leggenda di Freud, su Psicologia e Cattolicesimo, a cura di Stefano Parenti e Roberto Marchesini, luglio 2011.
  • V. Frankl, Uno psicologo nei lager, Ares, 1996.
  • V. Frankl, Dio nell’inconscio. Psicoterapia e religione, Morcelliana, 2014.
  • V. Frankl, Logoterapia e analisi esistenziale, Morcelliana, 2005.
  • V. Frankl, Lettere di un sopravvissuto. Ciò che mi ha salvato dal lager, Rubettino, 2007.
  • V. Frankl, La sofferenza di una vita senza senso: Psicoterapia per l’uomo di oggi, Mursia Editore, 2013.
  • Eugenio Fizzotti, La Trascendenza, base della cura personale e sociale (Inquietudine esistenziale e religiosità personalizzata nel pensiero di Viktor E. Frankl), Metafísica y Persona. Filosofía, conocimiento y vida, Año 4, Enero-Junio 2012, n. 7.
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