Alle due spie che avevano esplorato la regione, Giosuè aveva detto: Andate nella casa di Raab, la prostituta, e fatela uscire con tutti i suoi, secondo la vostra promessa. I due andarono, presero Raab e tutti quelli che erano in casa sua: suo padre e sua madre, i suoi fratelli e i suoi parenti. Li portarono al sicuro, in un luogo fuori dell’accampamento degli Israeliti.
[Giosuè 6, 22-27]

UN ANTICO GRANDE GIOCO

Da patrioti a talpe

Quello delle spie è un ruolo antico, documentato anche nella Bibbia, come, per esempio, nel caso della conquista della città di Gerico descritta in uno dei libri più antichi, quello di Giosuè, le cui vicende sono datate intorno al XV secolo a. C. Uomini e donne sono sempre stati coinvolti nello spiare, qui intenso come servizio allo Stato certo, ma che più spesso ha assunto i connotati di un’azione politico-ideologica, come nel caso dei traditori di Cambridge: Anthony Blunt (1907-1983), Donald Maclean (1913-1983), Kim Philby (1912-1988), Guy Burgess (1911-1963) e John Cairncross (1913-1995), tutti inglesi e, con diverso coinvolgimento politico e culturale, talpe al servizio dell’Unione Sovietica.
Ad ogni modo, il ruolo della spia è talmente radicato nella memoria collettiva, e popolare, da essere diventato uno dei più letti generi letterari, quando non trasposizione cinematografica di successo. I personaggi spia sono da sempre iconici, come James Bond, creato dallo scrittore britannico Ian Fleming (1908-1964) spia anch’egli nella vita, tanto quanto il suo personaggio più famoso. Bond rappresenta l’incarnazione letteraria della spia affascinante, diremmo in smoking e cravatta, che con il suo aplomb e la sua disinvolta buona sorte, riesce in imprese spionistiche al limite del credibile; ma poco importa, quel che conta è che un personaggio si imprima nell’immaginario collettivo, contribuendo così a modificare la percezione della realtà tanto quanto serve alla «causa culturale dei governi ombra», come ebbe a scrivere, pur in altro ambito, Edward Bernays (1881-1995), il padre delle pubbliche relazioni e della teoria della propaganda.

TRA JALTA E POTSDAM

Gli accordi che cambiarono il mondo

Conferenza di Jalta (1945)

Tuttavia, non è lo spionaggio più antico che attira da sempre gli esperti, almeno quelli che amano di intrighi politici di altissimo livello, quanto piuttosto quello post bellico, l’immenso Grande Gioco, come lo definì Peter Hopkirk (1930-2014) nel suo famosissimo saggio del 1990. Lo spionaggio postbellico fu condizionato dai e condizionò i cambiamenti geopolitici dal secondo dopoguerra in poi, partendo soprattutto dagli accordi di Jalta (4 feb 1945-11 feb 1945) e Potsdam (17 lug 1945-2 ago 1945, che sancirono gli accordi per la spartizione del mondo fra Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione Sovietica. All’epoca di Jalta i tre leader a capo delle rispettive nazioni, Stalin (1878-1953), Roosevelt (1882-1945) e Churchill (1874-1965), dovettero guardarsi con un certo sospetto: Stalin era già al corrente dei progressi nucleari degli americani e i suoi agenti si erano infiltrati ormai da tempo nelle gerarchie dell’Intelligence di sua maestà. Eppure, quando Gran Bretagna e Stati Uniti si resero conto di quel che stava accadendo era ormai troppo tardi.

L’ABBAGLIO DI ROOSVELT

Ingresso nella Guerra Fredda

Charles Bohlen (1904-1974)

Nel 1943, un entusiastico presidente Roosevelt riferì alla Grande Nazione Americana, in un accorato discorso natalizio, che durante i colloqui avuti con Stalin: «ci siamo preoccupati di principi basilari: principi che concernono la sicurezza, il benessere e il livello di vita degli esseri umani di grandi e piccoli paesi», il presidente americano specificò con un certo entusiasmo che «se l’era intesa» con Stalin, del quale dichiarò anche di ammirare la straordinaria determinazione e il caratteristico buonumore: «Credo che rappresenti appieno il cuore e l’anima della Russia [n.d.a. Unione Sovietica]; e credo che andremo molto d’accordo con lui e con il popolo russo – d’amore e d’accordo[…]». Pronostici tanto ottimistici dovettero sbalordire non poco Charles Bohlen (1904-1974), il consigliere di Roosevelt, il quale aveva invece più volte fatto notare ai vertici dello Stato quanto Stalin fosse pericoloso per le sue mire espansionistiche ed egemoniche. Ma Bohlem andò anche più in profondità, affermando che l’ostilità di Stalin c’era, ma era ben mascherata e si basava su profonde convinzioni ideologiche, che presto o tardi sarebbero emerse, contrapponendosi all’Occidente americano.

LA NON-SVOLTA DI TRUMAN

La politica del nucleare

Stalin e Truman a Potsdam, Berlino

Forse Roosevelt era davvero convinto che Stalin, cui l’America aveva concesso tanto, non avrebbe osato «annettersi alcunché e collaborerà a un mondo di democrazia e pace», ma poco tempo dopo, tre settimane prima di morire, il presidente americano affermò con profonda disillusione che «non si possono fare affari con Stalin. Ha disatteso ogni singola promessa fatta a Jalta». Il suo successore, Harry S. Truman (1884-1972), prese molto sul serio tale monito, e affrontò l’incontro post Jalta, quello di Potsdam, quartiere periferico a sudovest di Berlino, con un cipiglio ben diverso, ma ormai era del tutto inutile, perché sia lui che Churchill (cui subentrò Attlee il 28/07/1945) si erano resi conto che Stalin non aveva alcuna intenzione di trattare e che il suo unico scopo, in quegli accordi, era quello di instaurare il regime di un mondo nuovo e sovietico. Del resto, Truman era probabilmente impegnato a sperimentare le sue bombe atomiche sul Giappone, per le quali aveva bisogno delle spalle coperte dallo stesso Stalin, per cui la doppiezza sovietica poteva essere messa da parte ancora per un po’, fino a quando non sarebbe diventata, improvvisamente, non solo una presa di posizione geopolitica, ma una terrificante realtà ideologica con cui misurarsi.

LA GUERRA FREDDA

La nuova guerra permanente

«I capi di stato […] discussero il futuro della Germania e la riorganizzazione politica e territoriale dell’Europa e del mondo intorno alla tavola rotonda all’interno del Palazzo Cecilienhof. I negoziati iniziarono il 17 luglio e si conclusero il 2 agosto 1945 con il rapporto della conferenza delle tre potenze a Berlino, passato alla storia come “accordo di Potsdam”» [La Conferenza di Potsdam del 1945: il nuovo ordine mondiale, presentazione mostra speciale al Palazzo Cecilienhof, Potsdam (31 ottobre 2021)].
Così, si entrò nel cuore caldo della guerra fredda, dal momento che proprio i terribili e disumani bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki (6 e 9 agosto 1945) scatenarono la corsa agli armamenti nucleari delle grandi potenze dell’Est e dell’Ovest. Le conseguenze delle decisioni prese a Potsdam influenzano ancora oggi la politica mondiale; e la guerra permanente delle spie in campo.

Bibliografia

  • Paul Simpson, Storia delle Spie. Dalla Guerra Fredda al Datagate, Odoya, 2013.
    Francesco Bigazzi, Il primo gulag. Le isole Solovki, Mauro Pagliai Editore, 2017.
  • Jurìj Brodskij, Solovki. Le isole del martitrio. Da monastero a primo lager sovietico, La casa di Matriona, 1998.
  • Aleksandr Solženicyn, Arcipelago gulag, Mondadori, 1974.
  • John L. Harper, La Guerra Fredda. Storia di un mondo in bilico, Il Mulino, 2011.
  • Robert Conquest, Il grande terrore. Gli anni in cui lo stalinismo sterminò milioni di persone, Bur, 1999.
  • Ernst Nolte, La guerra civile europea, 1917-1945 – Nazionalsocialismo e bolscevismo, 1987.
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