L’ignoranza ha molti interessanti surrogati e sovrapposizioni nella miriade di modi con cui è generata da segretezza, stupidità, apatia, censura, disinformazione […]. L’ignoranza si nasconde nelle ombre della filosofia ed è vista di buon occhio dalla sociologia, ma si trova anche in una grande quantità di retorica popolare […].
[Robert Proctor]

L’agnotologia è il discorso sull’ignoranza, riguarda l’assenza e la presenza di informazioni come forma di potere. Il neologismo proposto da Robert Proctor fa riflettere sull’applicazione di quelle che Edward Bernays, nipote di Freud, definisce «strategie di manipolazione per l’aumento della competitività aziendale», altresì applicabili all’ambito politico e a quello sociale. L’ignoranza indotta come strategia commerciale – e politica – è per Proctor il primo decisivo accorgimento per manipolare l’opinione pubblica; per questo tutto quello che riguarda il suo funzionamento e le sue conseguenze è appannaggio dei grandi gruppi di potere, soprattutto finanziario. La costruzione e la distribuzione di conoscenza e ignoranza sono di per sé implicate in relazioni di potere, espressione, come dice lo stesso Bernays, di una «democrazia controllata».

Cristallizzare l’opinione pubblica

Bernays, passato alla storia come padre delle pubbliche relazioni, della manipolazione dei media e della propaganda, nel 1923 pubblica il primo libro dal titolo Crystallizing Public Opinion (Cristallizzare l’opinione pubblica), dove si concentra sulla funzione dell’opinione pubblica e sull’influenza che questa può avere per decretare il fallimento o il successo di idee, formule commerciali e perfino istituzioni politiche.
Nel suo saggio Agnotology: The Making and Unmaking of Ignorance (2008), Proctor riprende il discorso bernaysiano, e afferma che il concetto di manipolazione dell’opinione pubblica può avere oggi un’applicazione ancora più vasta che in passato, soprattutto per l’aumento dei canali di comunicazione. In particolare, in un sistema mediatico in cui le informazioni si moltiplicano a velocità prima impensabili, e la capacità di produrre dati  è solitamente associata a chi partecipa dei gruppi di potere, è possibile direzionare le scelte del pubblico, fornendo una conoscenza che lasci più incertezze che risposte. Quando le fonti sono molte, l’individuo tende a orientarsi in base al proprio ambito di familiarità, dimenticando, a volte, che un emittente con interessi economici, politici, professionali può essere una fonte in qualche modo “inquinata”. Si tratta di quelli che Proctor individua come «pregiudizi cognitivi» che, se estremizzati, alimentano forme di deresponsabilizzazione collettiva.

Il ruolo dei giornalisti

Ciò che è difficile, dunque, non è accedere alle informazioni, ma accedere a informazioni che siano oneste, obiettive e prive di interessi occulti. In un’indagine universitaria di S.H. Stocking e W. Holstein, gli organi di stampa, e dunque i giornalisti, vengono individuati come mediatori del dubbio e dell’ignoranza ogni volta che prendono le distanze dalla valutazione della verità, limitandosi a riportare quel che è utile che la massa sappia in un determinato modo e da determinate fonti, enfatizzando i punti di vista più che i fatti, e utilizzando un linguaggio volto a suscitare più che a rivelare. I paradigmi assoluti e le antitesi sono, secondo la ben nota strategia delle «terze parti» auspicata dallo stesso Bernays, uno strumento manipolativo: ci si concentra sulle diverse posizioni, ma non sui fatti.

La deresponsabilizzazione collettiva

In questo panorama di overdose informativo e incertezza in merito al valore delle informazioni, il dubbio diventa una forma di «autoindulgenza» volta a giustificare come impossibilità oggettiva la scelta soggettiva di non assumersi responsabilità, fino a una forma di «incertezza sistematica» che pone le scelte dell’individuo nelle mani della massa. Per Cartesio il dubbio era il mezzo, per Bernays e compagni il fine; e in un mondo tendente all’intossicazione da eccesso di informazioni, spesso antitetiche, il dubbio diventa sistematico, e l’individuo, ormai deresponsabilizzato, rinuncia alla ricerca della verità, e si accontenta di essere «relativamente nel giusto».

Bibliografia

  • S. Holly Stocking, Lisa W. Holstein, Manufacturing doubt: journalists’ roles and the construction of ignorance in a scientific controversy, 2008.
  • Edward Bernays, Propaganda. Comunicazione sociale e politica, 1928.
  • Edward Bernays, The Engineering of Consent, 1947.
  • Robert N. Proctor, Agnotology. The making and unmaking of ignorance, Stanford Univ Pr, 2008.
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