Laffinità tra Galton e Darwin, conclude Fuschetto, “emerge chiaramente anche da una lettera che il grande naturalista scrive al cugino in risposta alla richiesta di un parere su ‘Hereditary Genius’, dove Galton (in ossequio al dogma sociobiologico) pensa di aver dimostrato l’ereditarietà delle facoltà mentali: ‘…non credo di aver mai letto in tutta la mia vita qualcosa di più interessante ed originale… mi congratulo con te e ti esorto a continuare il tuo lavoro, convinto che sarà memorabile’ ” . Del resto è innegabile che Darwin si rifacesse da una parte al pensiero di Thomas Malthus, e dall’altra stimasse l’operato dell’amico e sostenitore Ernst Haeckel (1834-1919).
[Francesco Agnoli, Charles Darwin e Francis Galton all’origine dell’eugenetica e del razzismo, 2012]

Herbert Spencer (1820-1903)

Il darwinismo sociale non è l’applicazione di una teoria scientifica: è una rivoluzione antropologica; rivoluzione annunciata dieci anni prima della pubblicazione dell’Origine delle specie per selezione naturale (1859) di Charles Darwin (1809-1882), quando Herbert Spencer (1820-1903) scriveva, in Social Statics (1851), che per regolare al meglio la società sarebbe stato necessario, con sempre maggiore perspicuità, garantire la «sopravvivenza del più adatto».
Spencer è stato un filosofo britannico, un liberale e un quasi Premio Nobel per la Letteratura (ottenne la candidatura nel 1902, un anno prima della morte). La sua visione della società perfetta partiva dall’idea di una «selezione» dei più progrediti a dispetto di tutti quegli individui ritenuti, evidentemente, meno avanzati e per questo destinati all’ignoranza, alla povertà e alla «giusta estinzione» (Edwin Black, 2003).

Pochi e forti

Al ben noto darwinismo sociale, figlio delle sue speculazioni filosofico e pseudo biologiche, Spencer arrivò quando, una volta pubblicata la teoria di Darwin, egli poté sfruttare la presunta consistenza scientifica dell’ipotesi evoluzionistica per dare concretezza all’idea che l’eliminazione dei soggetti deboli fosse nella logica delle cose, perfino un processo naturale, una preferenza buona e giusta in virtù del benessere collettivo: «da quel momento, il diritto alla sopravvivenza degli esseri umani deboli o malati appare come una “forzatura” dei processi naturali» (Pennetta, 2017). Questo fu il nocciolo della rivoluzione inaugurata, o meglio consolidata, da Spencer e colleghi e nota come darwinismo sociale, ovvero l’inedita prospettiva di un’interpretazione delle leggi naturali per giustificare l’ingiustificabile (almeno fino ad allora): la selezione degli esseri umani.

Galton, padre dell’eugenetica

Se da un lato il primo passo portò i più accaniti sostenitori della selezione naturale a improntare argomentazioni a favore di un controllo delle nascite volto a una «limitazione riproduttiva», dall’altro si imposero personalità come quella di Francis Galton (1822-1911) il quale non solo abbracciò, in pieno solco malthusiano, la politica del controllo delle nascite, ma propose di circoscrivere la riproduzione ai «soggetti forti». Ciò poneva la questione sotto una nuova luce: bisognava determinare scientificamente quali fossero le caratteristiche adatte a diventare ereditarie e quali quelle da escludere e, dunque, individuare come «tratti deboli». Galton, cugino di Darwin e padre del termine eugenetica («la scienza del miglioramento del materiale umano»), pensò che l’unico modo per risolvere la questione fosse quello di analizzare queste caratteristiche in modo «scientifico» e nel 1884 inaugurò il Laboratorio Antropometrico, mediante il quale poter procedere con il suo progetto: «studiare dei metodi volti al perfezionamento della specie umana attraverso la selezione dei caratteri fisici e mentali ritenuti positivi» (Ibidem), applicando, tra l’altro, le leggi statistiche ai concetti di ereditarietà, con lo scopo di perfezionare la popolazione inglese.

Eugenetica istituzionalizzata

Francis Galton (1822-1911)

Si trattava di rendere scientifico «lo studio degli agenti socialmente controllabili che possono migliorare o deteriorare le qualità razziali delle generazioni future, sia fisicamente che mentalmente» (Cassata, 2006). Modernismo, «biologizzazione della società», gestione della massa in termini di nuova democrazia del potere occulto, regolamentazione dei processi riproduttivi, massificazione portarono a rendere istituzionale l’eugenetica:
«Un rapporto dell’International Commission of Eugenics, pubblicato in “Eugenical News” nel 1924, elenca ben quindici paesi in cui l’eugenica ha assunto una connotazione istituzionale: Inghilterra, Germania, Stati Uniti, Italia, Francia, Belgio, Svizzera, Olanda, Danimarca, Svezia, Cecoslovacchia, Norvegia, Argentina, Cuba e Russia. Fra i paesi che stanno realizzando forme di cooperazione con la commissione internazionale vengono citati Brasile, Canada, Colombia, Messico,Venezuela, Australia e Nuova Zelanda. Nello stesso anno, una bibliografia consacrata all’argomento eugenetico conta già 7500 titoli tra monografie e articoli» (Ibidem).

Il “razzismo” silenzioso

La rivoluzione culturale, motore del darwinismo sociale, condusse alla costruzione di un lessico scientifico atto a giustificare un razzismo altrimenti evidente, e di una retorica buonista atta a nascondere, piuttosto spudoratamente, intenzioni selettive di stampo altrettanto discriminatorio. Le finalità «buone» come la lotta alle malattie ereditarie, la protezione delle mamme e dei figli, la limitazione delle malformazioni hanno assunto nel tempo un fourviante valore umanitario. Non per niente, gli studi di Darwin influenzarono anche Cesare Lombroso (1835-1909), padre della Fisiognomica, pseudo scienza che associa le tendenze criminali degli individui alla somatica specifica, per cui «criminale per nascita» divenne un aspetto determinante per un approccio utile a limitare il comportamento criminoso. Sulla scia degli studi svolti da Galton le pratiche per ottenere la «purezza della razza» si affinarono, poi, sempre di più.

ERO: l’era della selezione

Mary Harriman (181-1934)

«[…] La segregazione, la deportazione, la castrazione, la proibizione dei matrimoni, l’eutanasia passiva e, infine, lo sterminio dei meno adatti» furono i metodi più efficienti individuati allo scopo. E alla morte di Galton nel 1911, altri ne raccolsero il testimone, come la ricca femminista Mary Harriman (1881-1934), vedova del magnate delle ferrovie E. H. Harriman, che fondò in America, nel 1910, l’Eugenics Record Office (ERO), con a capo Charles Davenport (1866-1944), uno dei più grandi promotori dell’eugenetica negli USA.
Compito principale dell’ERO era quello di individuare il cosiddetto lower tenth, ovvero quella parte di popolazione con le caratteristiche razziali più «basse», allo scopo di «terminarne la discendenza». Le pratiche più comuni per ottenere risultati selettivi erano la segregazione e la sterilizzazione forzata. Fra le categorie più colpite dalla selezione eugenetica c’erano epilettici, albini, carcerati (per tratti ereditari criminali), ciechi e muti. E, dato che secondo Malthus era nelle classi povere che il peggio poteva manifestarsi e che andavano eliminati elementi inutili a livello produttivo, la mannaia eugenetica falciò proprio le classi povere, con questa o quella giustificazione, non ultima il diritto delle donne al controllo delle nascite, diritto che, stranamente, doveva manifestarsi in misura maggiore proprio nei sobborghi più malfamati.

11 milioni di deboli

Pennetta riferisce che «Il primo intervento dell’ERO opera su un campione di almeno 11 milioni di persone per “terminare” le loro discendenze», ovviamente «per superare ogni eventuale resistenza (soprattutto religiosa) il movimento eugenetico ha bisogno di una forte validazione scientifica».
E la macchina della rivoluzione culturale si rimise in moto…

Seconda parte (prossimamente)

Bibliografia

  • Enzo Pennetta, L’ultimo uomo. Malthus, Darwin, Huxley e l’invenzione dell’antropologia capitalista, GOG, 2017.
  • Francesco Cassata, Molti, sani e forti. L’eugenetica in Italia, Bollati Boringhieri, 2006.
  • Edwin Black, War Against the Weak: Eugenics and America’s Campaign to Create a Master Race, New York: Basic Books, 2003.
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