«Più sono grandi le restrizioni sessuali più è alto è il livello di civiltà, più basse le restrizioni sessuali più basso il livello di civiltà. A questa regola non esistono eccezioni». Questa è la conclusione che argomentò, nel 1934, l’antropologo inglese Joseph Daniel Unwin (1895-1936) nel suo monumentale saggio dal titolo Sex and Culture, un lavoro basato sullo studio e la comparazione di migliaia di fonti inerenti ottanta società considerate non civilizzate e le grandi civiltà babilonese, sumera, ateniese, romana, anglosassone.
Sesso e cultura
Unwin giunse alla conclusione che «Le civiltà salgono sul palcoscenico della storia quando la loro sfera sessuale viene regolamentata da norme molto severe e spariscono dalla scena quando lasciano scivolare la loro sessualità al livello animale delle pulsioni incontrollate» (Joseph Daniel Unwin, Sex and Culture, p. 369).
Egli si disse convinto, dopo aver analizzato il percorso culturale, sociale e storico di tali civiltà lungo il corso di 5.000 anni di sviluppo, che l’energia sociale è tanto più operosa quanto più alta è la moralità che la società esprime, restando invece in stato di potenza – dunque inattiva – quando il livello di moralità degrada; e affermò anche che l’uguaglianza legale tra donne e uomini è un prerequisito necessario per la stabilità del matrimonio, della famiglia e quindi della società stessa.
Il Mondo Nuovo: sesso e politica
Lo scrittore Aldous Huxley (1894-1963, noto per la sua dipendenza dagli allucinogeni e autore anche dell’opera The Doors of Perception – Le porte della percezione, 1954 – libro culto degli hippy), ammiratore di Unwin della cui opera sottolineò la capitale importanza, aveva applicato la stessa intuizione nella sua più famosa opera letteraria, Brave New World (Il mondo Nuovo, 1932) in cui descrisse con lucidità una società deviata e distopica, devastata dalla presenza di una moralità degenerata e soppiantata dalla più disinibita sessualità, che diviene la vera schiavitù del genere umano «Più si riduce la libertà politica ed economica, più si aspira ad amplificare in modo compensatorio la libertà sessuale», rimarcò Huxley nella prefazione del romanzo, «[…] sotto l’influsso di sostanze stupefacenti, del cinema e della radio, la libertà sessuale porterà i suoi sudditi a riconciliarsi con la schiavitù, che è il loro destino». Quindi Huxley suggerì che il degrado morale e la conseguente diminuzione di libertà politica ed economica, inteso da Unwin quale causa del degrado di civilizzazione, dovesse essere compensato da una maggiore libertà sessuale.
I precursori
Era stato il marchese De Sade (1740-1814) nel 1791 a mettere per iscritto, nel suo libro Justine, la via per politicizzare la sessualità, o meglio, ad aprire quel varco che avrebbe reso plausibile, infine, il servirsi dell’istinto sessuale a livello politico in modo sempre più consapevole da parte dei governanti. Ma molte sarebbero state le “menti elevate” che avrebbero alimentato mediante itinerari culturali la libertà sessuale e morale: Jean-Jacques Rousseau (1712-1778), August Comte (1798-1857), Saint-Simone (1760-1825), Charles Fourier (1772-1837), Sigmund Freud (1856-1939), Carl Gustav Jung (1875-1961), Friedrich Nietzsche (1844-1900) e tanti altri.
Sono coloro che il sociologo E. Michael Jones definisce «piromani intellettuali» (fra i quali tantissimi scrittori “dannati”), desiderosi di ardere il mondo con la benzina del disordine sessuale, della dipendenza da droga e alcool, della disperazione, della pazzia, dell’occultismo più deviante e sottolinea: «È stato il genio dell’Illuminismo che scoprì come trasformare le passioni in strumento di controllo politico: accendi le passioni – controlla l’uomo» (E. Michael Jones, Libido Dominandi. Sexual Liberation and Political Control, St. Augustine’s Press, South Bend, Indiana 2000, p. 61).
Bibliografia
E. Michael Jones, Libido Dominandi. Sexual Liberation and Political Control, St. Augustine’s Press, South Bend, Indiana 2000.
Joseph Daniel Unwin, Sex and Culture, Oxford University Press, Oxford 1934.
In realtà si tratta di vecchie idee, originate dal pensiero paltonico- aristotelico, al quale si ispira anche la famigerata dottrina cattolica: il sesso deve servire alla conservazione della specie ed è ammesso solo con finalità riproduttiva.
Si dimentica che invece è proprio questo che avvicinerebbe l’uomo all’animale, il quale, si sa, si accoppia solo per riprodursi quando la femmina e in “calore”… L’ animale non vive alcuna libertà sessuale e non gli è consentita trasgressione. Ciò che invece distingue l’uomo dagli “istinti bestiali” è proprio la possibilità di vivere liberamente la propria sessualità. Tutto ciò evitando le distorsioni e i malintesi ’68ini e post-68ini, dove il sesso viene scisso da ogni affettività e dalla ricerca sull’identità umana che in esso risiede.
Il puritanesimo vittoriano sinceramente non può dare grandi contributi a questa ricerca, anzi…
Grazie per il commento Simone. Sottolineo però che il sesso nella “famigerata” dottrina cattolica (retorica un po’ datata, lo concederà) non è ammesso solo con finalità riproduttiva, ma anche “unitiva”, il che implica qualcosa che va ben oltre la sola “riproduzione”, argomento che mi sembra però complesso approfondire qui. Bisognerebbe poi capire cosa lei intenda con vivere “la libertà sessuale” e come la trasgressione possa essere un qualcosa di non legato agli istinti “bestiali”. Quelle espresse nell’articolo saranno anche idee vecchie, come è vecchio l’uomo direi, ma funzionano ancora molto molto bene, se pensa che il sesso è il migliore strumento di controllo.